La conseguenza più evidente - e per ora unica - delle misure annunciate lo scorso giovedì da Mario Draghi, è lo schiacciamento degli spread dei Paesi periferici. Fenomeno, dunque, che ci riguarda molto da vicino soprattutto per le ricadute positive sulla spesa per interessi pagata dall'Italia. Ebbene, dal picco intorno a quota 200 toccato prima del voto europeo, lo spread è collassato fino ai 133 di ieri, con un immediato effetto positivo sui rendimenti del decennale scesi al 2,70%.
Le premesse per un ulteriore raffreddamento non mancano. Il Centro studi di Unimpresa stima, infatti, che una discesa stabile a 130 punti del differenziale «potrebbe creare un tesoretto per i conti pubblici del Paese di quasi 10 miliardi di euro in tre anni». Ma non è solo il nostro Paese a beneficiare dell'effetto-Bce, ancora più marcato sui Bonos spagnoli visto che la forbice col Bund si è accorciata a 119 punti. Ciò ha finito per comprimere i tassi di interesse sul 10 anni al 2,57%. In pratica, per i mercati, oggi è più rischioso investire sugli Usa (il T-bond paga un 2,6%) piuttosto che puntare sui titoli emessi da Madrid.
Paradossi di un mondo rovesciato? Per qualcuno, sì. In particolare, per quanti nutrono più di una perplessità sull'efficacia delle armi che l'Eurotower intende usare contro i rischi di deflazione. A guardare il comportamento dell'euro, ieri poco sotto gli 1,36 dollari e dunque vicino ai valori della scorsa settimana, si potrebbe pensare che Draghi abbia fatto un buco nell'acqua. Ma quella valutaria è una battaglia complessa, piena di variabili. Una delle quali è l'attrazione che l'eurozona continua a esercitare sugli investitori stranieri. Per loro, i rendimenti offerti sono ancora buoni. A differenza dei tedeschi che accusano il capo della Bce di voler espropriare i risparmiatori. Tace solo Angela Merkel. Un silenzio che sembra accreditare la tesi secondo cui la cancelliera avrebbe usato la Banca centrale per tacitare gli euroscettici. È però il Wall Street Journal a dar man forte al risentimento tedesco nei confronti di Draghi. Il quotidiano Usa torna alla carica, spostando questa volta il tiro sul settore energetico italiano e spagnolo. Con tassi di interesse così bassi - scrive il Wsj - guadagnano ulteriore appeal «i rendimenti dei dividendi sostenuti dal modello di business delle utility regolate. I titoli Enel ed Endesa rendono ognuna circa il 3,4% stimando il flusso delle prossime cedole».
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