E per le Borse il «QE» di Draghi è più vicino

Dopo i falchi, tocca alle colombe. Con l'ormai vicino appuntamento del 22 gennaio, si alza il controcanto tra le varie scuole di pensiero all'interno della Bce sul lancio del piano di acquisto di titoli. Se nei giorni scorsi si erano fatte sentire chiare e forti le voci contrarie al quantitative easing della tedesca Sabine Lautenschläger e dell'estone Ardo Hansson, ieri è toccato al francese Benoit Coeuré e all'austriaco Ewald Nowotny, aprire al varo del QE in salsa europea.

È un'opzione su cui i mercati, compatti ieri in un movimento al rialzo che ha gratificato Piazza Affari con un robusto +1,96% grazie anche alla positiva apertura della stagione delle trimestrali Usa, continuano a scommettere. Eppure le incognite non mancano. Sul timing dell'intervento, per esempio, non ci sono ancora certezze. «Siamo sicuramente in grado di prendere una decisione già il 22 gennaio. Ma non significa che necessariamente decideremo in quella riunione», ha puntualizzato Coeuré. Secondo il quale, la complessità data dall'esigenza di compattare le politiche monetarie di 19 Paesi non è un'alibi «per non fare nulla». Quanto a Nowotny, in passato alleato della Bundesbank, la Bce dovrebbe decidere «il prima possibile».

Il tempo insomma stringe, anche se resta da chiarire come verranno ripartiti i rischi del QE: cioè se saranno condivisi, oppure assunti dalle singole banche centrali. «Ci sono ancora negoziati», si è limitato a dire Nowotny. Sul punto più delicato di tutto l'impianto le discussioni sono in corso da tempo. Sempre ieri, il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, ha sottolineato che tra i componenti l'esecutivo dell'istituto di Francoforte non c'è «un campo aizzato contro l'altro», ma la scelta del meccanismo di suddivisione dei rischi punto potrebbe portare a una vera e propria spaccatura. A quel punto, Mario Draghi sarebbe costretto a fare una precisa scelta di campo: o procedere comunque col piano, la cui approvazione richiede la semplice maggioranza; oppure rinviare la decisione, con l'intento di coagulare più avanti un maggiore consenso, esponendosi però alla reazione dei mercati.

Un compito complicato ulteriormente dal fatto che tre giorni dopo il summit della Bce la Grecia andrà al voto? «Le elezioni non cambiano nulla nel percorso della politica monetaria», ha sottolineato Noyer.

Convinto che gli acquisti di obbligazioni «devono essere sufficientemente ampi da avere realmente un effetto su prezzi e sviluppo economico».

Parole che potrebbero significare che il QE sarà superiore ai quei 500 miliardi di euro indicati dalle più recenti indiscrezioni.

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