Ecco la vera causa del boom della benzina

I prezzi del petrolio sono ancora sotto ai massimi del 2008, ma quelli della benzina sono in volo rispetto ad allora. Come mai?

Ecco la vera causa del boom della benzina

Il prezzo in volo del petrolio negli ultimi mesi ha trainato un rilancio del costo della benzina che si è trasformato in vero e proprio boom dopo l'invasione russa dell'Ucraina. La grande instabilità politica apre al caos sistemico dei mercati energetici globali, ma il petrolio non ha ancora toccato il record storico di prezzo: nel luglio 2008 il greggio toccò i 147,50 dollari al barile sul listino Brent e i 147,21 sull'indice Wti. Giorgio Maria Bergesio, senatore della Lega, ha dichiarato che la situazione allora presentava un trend abbastanza diverso rispetto a quella odierno, con un minore impatto del rincaro del greggio sulla benzina: "nel 2008 il prezzo del petrolio al barile era di 145,31 dollari. Sempre nel 2008 la benzina costava 1,37 euro e il gasolio 1,34 euro", ha scritto Bergesio nella giornata del 10 marzo. Oggigiorno, invece, "il prezzo del petrolio al barile varia tra 111 e 114 dollari, ossia 30 euro in meno rispetto al 2008, ma il prezzo di benzina e diesel ha superato i 2 euro al litro (il gasolio agricolo ha toccato 1,40), attestandosi rispettivamente intorno ai 2,20 e 2,10 euro, ovvero 80/90 centesimi in più".

I dati presentati da Bergesio in effetti non si discostano molto dalla realtà: i prezzi medi al litro di benzina e gasolio in Italia, nel 2008, sono stati mediamente pari rispettivamente a 1,38 e 1,34 euro, anche se nel terzo trimestre, in cui il mese del picco è stato incluso, si sono attestati, secondo i dati del Ministero della Transizione Ecologica, a 1,47 e 1,45 euro.

Certamente Bergesio però solleva un interrogativo interessante che è lo stesso che angustia milioni di italiani che vedono la spesa per i carburanti costituire, assieme al rincaro delle bollette, un peso ancora più gravoso sul proprio bilancio personale e famigliare. Vogliamo provare a dare risposta confrontando il picco del 2008 con quello attuale e spiegando perché esso si riverberi di più sulla benzina. Partendo da un presupposto: vale ciò che scrivevamo nel 2020 per capire perchè a un calo del prezzo del petrolio dovuto ai lockdown non corrispondesse un calo direttamente proporzionale del prezzo della benzina, oggi ben oltre i 2 euro al litro: influisce infatti su entrambi i fenomeni il peso non totalmente determinante del prezzo del greggio su quello del prodotto finito. Processi come la lavorazione, la raffinazione, lo stoccaggio e la distribuzione del prodotto finito mantengono il loro costo, generalmente, anche di fronte a un calo della materia prima. La sua incidenza sul prezzo della benzina si attesta attorno al 20%, ovvero un quinto del valore finale, con punte del 25%.

Partiamo da un presupposto: un euro del 2008 non equivale, come potere d'acquisto, a un euro del 2022. L''indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (sigla Foi) secondo i dati Istat si è rivalutato del 22,45% dal gennaio 2008 al gennaio 2022 (ultimi dati disponibili). Il prezzo medio di 1,38 euro per la benzina e di 1,34 del gasolio del 2008 vanno dunque attualizzati e, messi a raffronto con oggi, sarebbero pari a 1,69 e 1,64 euro al litro rispettivamente. Ecco dunque che la forbice si riduce.

Come ogni prodotto, anche la benzina vede la sua produzione frutto di condizioni di mercato legate non tanto a misure determinabili e tracciabili su base storica, come il prezzo del petrolio, ma anche a condizioni contingenti di mercato. Premettendo ciò, sottolineiamo che i margini di profitto, quelli su cui le compagnie basano i propri utili, resta basso. Come ci ricorda Soldi Oggi, "il margine lordo delle compagnie é pari a circa il 7,8% del prezzo per la benzina (12,5% per il diesel)", corrispondente oggigiorno "a 14 centesimi di euro sul totale del prezzo della benzina (21 per il diesel). Solo su questa percentuale i distributori possono fare qualche sconto, ritoccando il prezzo con promozioni varie", ma tale quota va considerata un'aliquota fissa e inscalfibile per mantenere in operatività le società.

Ebbene, quel che nel 2020 costituiva un fattore frenante al declino è oggi moltiplicatore del prezzo: la bomba inflattiva che coinvolge non solo petrolio e gas ma anche l'intero comparto economico, tutte le materie prime energetiche (metano per auto, gas naturale, Gpl) e dunque ogni filiera industriale si riverbera anche sul costo dei carburanti che necessitano di una complessa filiera di attività di trasporto e distribuzione. L'inflazione contingente, dunque quella che preme sulle dinamiche produttive, su base annua nel 2008 era minore rispetto a quella del 2022: mentre nel 2008 era al 3,3% e in via di declino, oggi è al 5,7% e in ascesa. Dunque i carburanti incorporano ogni problematica legata a tale instabilità nella quota di costo associabile a produzione, raffinazione e stoccaggio. Tale quota, nel suolo ultimo anno, si è infiammata del 22,5% anche al netto della presenza dei crediti d'imposta per produttori e autotrasportatori che sulla benzina verde incide per il 41%, sul gasolio per il 37,5%

Il secondo punto da sottolineare, dunque, è che oggigiorno i carburanti aumentano perchè in crescita è il costo della vita in generale a livelli sempre meno sostenibili. E il timore che, ad esempio, la Russia possa rompere con l'Occidente sulle forniture di gas in caso di embargo sul petrolio fa aumentare il costo dell'oro blu e, di conseguenza, quello di tutti i processi industriali che ne incorporano importanti quantità. Creando dunque il circolo vizioso più difficile da spezzare in questi casi.

Vi è poi un terzo punto, decisivo, che è quello delle accise. "Tolte le tasse il costo dei carburanti italiani è più basso della media europea", ha fatto notare Il Sole 24 Ore. "In termini percentuali, la penalizzazione del Fisco sui carburanti è il 55% del costo finale della benzina e il 51% del prezzo totale del gasolio" e per precisione "alla rilevazione di lunedì 7 marzo sulla benzina l’accisa è pari a 72,8 centesimi e l’Iva 35,2 centesimi. Per il diesel, 61,7 di accisa e 32,9 di Iva al 22%.". Dal 2008 in avanti, sono state introdotte le seguenti accise: contributo alla ricostruzione post-terremoto dell'Aquila (0,0051€) nel 2009, finanziamento alla cultura (0,0071€), della crisi migratoria libica (0,04€), della ricostruzione dopo l'alluvione in Liguria e Toscana (0,0089€) e decreto Salva-Italia (0,082€) nel 2011, ricostruzione del terremoto in Emilia (0,024€) nel 2012, finanziamento del bonus gestori (0,005€) e del Decreto Fare (0,0024€) nel 2014, per un totale medio di 17,50 centesimi che equivalgono al 12,67% del prezzo medio dei carburanti nel 2008. I dati MiTe ci confermano che ai tempi l'accisa media si attestava a 56 centesimi per la benzina e a 42 per il petrolio. Abbiamo avuto dunque un aumento netto delle imposte pagate allo Stato e non va dimenticato anche l'aumento dell'Iva salito al 22%.

Infine, l'attuale fase di volatilità del prezzo del petrolio è reso ancora più complicata dalla compresenza del rischio di uno shock delle forniture legato all'uscita dal mercato occidentale del petrolio della Russia, terzo produttore mondiale. Ai tempi anche un Paese cruciale nel mercato globale come il Venezuela continuava a fornire i mercati, dando una crescente abbondanza di petrolio, mentre la Cina trainava la domanda mondiale. Non dimentichiamo che il petrolio viene commerciato sulla base del valore finanziario dei suoi titoli, incorporando dunque l'incertezza dei mercati, e che questo attualmente genera un riverbero su tutti gli indicatori. “L’embargo" del petrolio russo - ha spiegato a Il Foglio l'economista Davide Tabarelli - è un'ipotesi ancora un po’ lontana perché fa troppo male a noi. Facendo un’analisi prettamente economica, un eventuale embargo porterebbe il prezzo a 200 dollari al barile, e quindi alla pompa il prezzo andrebbe a 2,5 euro al litro. Un livello distruttivo per l’attività di molti settori industriali. E questo è solo un auspicio perché ulteriori aumenti non sono da escludere”.

Inoltre, è bene precisare che ogni produzione e mercato non sia valutabile sulla base di sommatorie di meri indicatori: quello che possiamo sottolineare è il fatto che dal 2008 ad oggi il contesto economico è fortemente mutato. Dunque, un prezzo di 1,38 euro al litro per la benzina verde attualizzato, ad oggi, a 1,69 euro è del 25% inferiore, nei fatti, a quello oggi registrato alla pompa attorno ai 2,2 euro. Notiamo che questo differenziale è pari ai rincari avuti di recente nel settore legato all'attività di produzione e distribuzione a cui si aggiunge il decisivo contributo delle accise e dell'Iva accresciuta al 22% per i carburanti. Dinamiche di mercato come il boom di domanda rispetto alla domanda nell'era post-lockdown hanno fatto il resto, così come la corsa degli operatori finanziari sui mercati del petrolio il cui prezzo, in fin dei conti, non appare l'indicatore decisivo per il rincaro del costo del prodotto alla pompa, quanto piuttosto un fattore di instabilità decisivo per l'economia nel suo complesso (dunque il problema che lo riguarda è più ampio).

Concludendo, dunque, se nel 2008 a muoversi verso l'alto era soprattutto la componente di prezzo della materia prima dei carburanti, in ascesa sostanziale, oggigiorno sono tutti gli indicatori di prezzo a vedere un aumento sostanziale, e in quest'ottica un effetto visibile nel tempo è il peso crescente delle accise.

La risposta alla preoccupazione di Bergesio, che nei fatti però si sostanzia in un differenziale reale diverso rispetto a quello sta dunque nel taglio netto e lineare di quei fattori di costo che si possono rapidamente influenzare: e oggigiorno l'unico fronte su cui una mossa simile è possibile appare quello delle accise. Balzello che oggigiorno grava come un macigno su un costo della vita in continuo aumento a causa della tempesta perfetta del settore energetico.

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