Economia

Esuberi Alitalia, governo pronto a intervenire

Esuberi Alitalia, governo pronto a intervenire

Il governo è pronto ad aiutare Alitalia se il nodo dell'occupazione dovesse diventare un ostacolo all'accordo con Etihad. Dopo le numerose rassicurazioni del ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, che ha sempre negato nuovi tagli al personale, ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è stato molto chiaro: «Se ci saranno problemi per l'occupazione, prenderemo provvedimenti». Ciò dopo aver visionato le condizioni di Etihad; anche l'incontro di Lupi con i vertici sindacali avverrà dopo l'arrivo della lettera d'intenti (attesa da giorni e non ancora arrivata; ogni momento ormai è buono). Ma che cosa intende Poletti annunciando un eventuale intervento del governo?
Il pensiero non può che andare alle misure che furono adottate per i 5mila dipendenti allontanati dalla vecchia Alitalia nel 2008: furono accordati 4 anni di cassa integrazione più 3 di mobilità, con un'indennità pari all'80% dello stipendio. Alcuni dipendenti negli anni sono rientrati in azienda (caso recente, alcuni piloti per Cityliner), ma i più hanno raggiunto l'età di pensione e altri hanno imboccato vie diverse. È riproponibile oggi un modello di questo tipo? Gli esperti lo ritengono difficile per due motivi: le risorse per assistere i 2-3mila dipendenti in esubero sarebbero ingenti (a carico del fondo per il trasporto aereo finanziato da compagnie, personale e passeggeri), ma soprattutto, essendo l'età dei lavoratori oggi più giovane, senza la prospettiva di una pensione imminente si rischierebbe di allungare semplicemente i tempi di un definitivo licenziamento.
Le richieste di Etihad non sono molto dissimili da quelle a suo tempo avanzate da Air France. E infatti da Parigi sembra giungere un imbarazzato silenzio. I francesi sono stati fino a pochi mesi fa il primo socio di Alitalia e oggi possiedono il 7% del capitale e un consigliere. Possibile che si lascino diluire ulteriormente senza una parola, perdendo, di conseguenza, anche il posto in cda? O forse l'attuale basso profilo indica un accordo sotterraneo con Abu Dhabi? La posizione ufficiale del numero uno di Air France, Alexandre de Juniac, risale a febbraio, quando si disse disponibile a investire ancora in Alitalia se fosse stata ristrutturata. Oggi quella condizione sta per essere realizzata: che cosa farà Air France? L'obiettivo più probabile è che non intenda perdere il seggio in cda; il «come» sarà concordato con Etihad.
Fino al 2017, infatti, restano in vigore gli accordi commerciali Alitalia-Air France avviati nel 2001, del massimo interesse per i francesi. Si tratta di una divisione degli utili, dopo aver condiviso ricavi e costi, per tutti i voli europei esclusi quelli nazionali nei Paesi d'origine. Un «pacchetto» da ben oltre un miliardo di fatturato, sul quale, per una questione di flotta e dimensioni, Air France ha un vantaggio proporzionalmente superiore. Etihad rispetterà questi accordi fino al loro spirare; e la stessa Etihad, nella sua campagna acquisti europea, non ha intralciato i piani dei francesi, con i quali il rapporto è da gentiluomini.

A differenza di Lufthansa che, «attaccata» in Germania e in Svizzera, è pronta alla guerra all'Unione europea.

Commenti