Fca, conti record ma pesa il debito

Margini e utile netto in forte crescita. Ma il mercato guarda al passivo: 6,6 miliardi. E il titolo fa -2,6%. Brilla Jeep

Pierluigi Bonora

La prima trimestrale dell'anno, nonché la prima senza Ferrari al suo interno, vede Fca registrare risultati anche migliori rispetto alle stime del mercato, in particolare sul margine operativo e sull'utile netto aggiustato (548 milioni contro una previsione di 374 milioni). Il debito è però salito a quota 6,6 miliardi, 1,5 miliardi in più rispetto al 31 dicembre. Colpa degli «effetti di stagionalità e dei cambi di conversione» ma il dato ha comunque pesato sul titolo che, alla fine della giornata, è sceso del 2,6% a 7,03 euro. «Gli analisti hanno enfatizzato questo aspetto, nonostante le rassicurazioni dell'ad Sergio Marchionne che ha parlato di motivi contingenti», commenta un gestore. Il primo trimestre di Fca è stato sostenuto dai buoni risultati conseguiti nell'area Nafta (Usa, Canada e Messico) che, in termini di utile operativo, rappresenta quasi il 90% del totale. L'Ebit adjusted si attesta a 1,38 miliardi (+88%), i ricavi a 26,5 miliardi (+3%), l'utile netto a 478 milioni dai 27 di un anno fa e l'Eps (utile per azione) a 0,338 euro. Leggermente scesa la liquidità: da 24,5 a 24,3 miliardi.

Fca ha consegnato, a livello globale, 1.086.000 veicoli, in linea con il primo trimestre 2015. E quelle globali di Jeep sono salite a 326.000 unità (+15%). I margini dell'area Nafta sono pari al 7,2%, dal 6,4% nel 2015 e dal 7,1% nel quarto trimestre del 2015. Nel primo trimestre del 2015, la percentuale era pari al 3,7%. Marchionne ha nuovamente confermato gli obiettivi di fine anno: ricavi netti sopra i 110 miliardi di euro con un Ebit adjusted di oltre 5 miliardi, un utile netto rettificato superiore a 1,9 miliardi e un indebitamento industriale sotto i 5 miliardi. L'impegno continua a essere quello di ridurre il debito e di arrivare a cash nel 2018.

Fin qui la trimestrale approvata ieri dal cda a Londra, che il direttore finanziario Richard Palmer ha definito «forte, con tutti i segmenti redditizi», sottolineando anche come «ci siano buone indicazioni di un miglioramento dei margini in America latina», oltre alla «favorevole transizione per produrre le vetture Jeep in Cina, nonché l'espansione sul mercato indiano per produrre» anche là i veicoli con il marchio americano. E a proposito del mercato Usa, Marchionne ha fatto chiarezza sulla rimodulazione del sistema produttivo basato su Suv e pick-up, secondo i ritrovati gusti della clientela yankee. «Il riassetto degli impianti nordamericani - ha precisato l'ad - sarà completato entro l'inizio del 2018». Annunciata anche la realizzazione di un nuovo Suv compatto targato Jeep negli stabilimenti di Messico, Cina e Brasile. I primi usciranno nella seconda metà di quest'anno. La ritrovata voglia degli americani di guidare i Suv, con la conseguente crisi delle berline (a farne le spese la Dodge Dart e la Chrysler 200, per la cui produzione Fca cerca un partner), secondo Machionne non inciderà sul ritorno di Alfa Romeo negli Stati Uniti, nuova Giulia in primis. «Non sono preoccupato della competitività del mercato nordamericano per Alfa Romeo - ha spiegato l'ad di Fca - perché qui si tratta di veicoli premium». Marchionne si è anche detto «un po' più fiducioso sull'ingresso del Biscione nel mercato cinese». Quanto al primo Suv Alfa, che si chiamerà Stelvio, il lancio potrebbe avvenire entro fine anno. Forte il livello degli ordini di Maserati Levante.

Nessuna novità sul fronte nozze. Marchionne ha indicato che Fca continua a parlare con possibili partner «interessati» e che «ci vorrà tempo per raggiungere un risultato». E nessuna cessione in vista per Magneti Marelli.

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