Dal conclave dell'Eurogruppo non esce la fumata bianca per la Grecia, mentre la Federal Reserve fa risuonare l'allarme per gli effetti recessivi che provocherebbe il fiscal cliff. Fino alla tarda serata di ieri, i ministri finanziari dell'Eurozona erano ancora impegnati a trovare il bandolo della matassa ellenica, ovvero l'intesa necessaria a sbloccare 44 miliardi di euro di aiuti.
A dispetto dell'ottimismo circolato alla vigilia, la cautela espressa da Jean-Claude Juncker prima dell'inizio del vertice («l'intesa è possibile ma non certa») già faceva capire che la riunione non sarebbe stata una formalità. Come peraltro lasciava ben intuire la presenza del numero uno del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, arrivata a Bruxelles dall'Asia. Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaueble, ha negato che ci sia «una lite» con l'Fmi, ma è noto che il Fondo non intende concedere ad Atene due anni in più di tempo per ridurre al 120% il debito-Pil. La deadline, per la Lagarde, resta il 2020. Anche per evitare un costo supplementare stimato in 15 miliardi. Secondo alcune fonti vicine ai negoziati, l'Eurogruppo starebbe valutando l'ipotesi di concedere una moratoria di dieci anni alla Grecia sul pagamento degli interessi sui prestiti del fondo salva-Stati Efsf. Un'idea che farebbe risparmiare ad Atene 44 miliardi.
Nel frattempo, Ben Bernanke esorta il Congresso Usa a trovare un accordo sul «precipizio fiscale» (tagli automatici alle spese e aumento delle tasse). In assenza del quale l'economia «rischierebbe la recessione».
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