Fiat, per fare spazio alla Fiom in 145 rischiano la «cassa»

Il via libera della Corte d'appello di Roma all'assunzione, secondo i tempi previsti dalla legge, di 145 operai Fiom di Pomigliano d'Arco potrebbe costare la cassa integrazione ad altrettante tute bianche che già operano lungo la linea di montaggio dello stabilimento Fiat. Non lo escludono i sindacati e non lo escludono fonti industriali.
Dentro loro, dunque, e fuori gli altri. Del resto, la fabbrica che produce i modelli della famiglia Panda, allo stato attuale lavora al di sotto delle reali potenzialità a causa del crollo delle vendite di auto in Italia e della situazione difficile che il gruppo Fiat sta attraversando in Europa.
Ecco perché il numero degli operai è commisurato, in questo momento, alla domanda di auto, peraltro scarsa, del mercato. All'interno di Fabbrica Italia Pomigliano lavorano meno di 2.200 persone, a cui si aggiungono 600-700 addetti alle prove dei veicoli, alla qualità e allo stampaggio. In attesa di rientrare sono circa 1.400 persone, che beneficiano della cassa integrazione straordinaria (ogni mese percepiscono tra 980 e 1.050 euro, rispetto ai 1.500 euro in media di chi è già stato reintegrato). Tra questi 1.400, ci sono i 145 della Fiom «riassunti» dai giudici di Roma.
L'ipotesi del «travaso» ovviamente preoccupa e da qualche giorno è partita, all'interno dell'impianto, una petizione contro la sentenza che però non ha fatto che aggravare la situazione. Non tutti, infatti, intenderebbero firmare il documento. Comunque, a parlare sono i numeri: da luglio il mercato dell'auto è ulteriormente peggiorato e l'azienda è dovuta ricorrere più volte alla cassa integrazione, già annunciata - in proposito - anche dal 29 ottobre al 9 novembre prossimi. Inoltre, delle 1.050 Panda prodotte ogni giorno previste quest'anno, a esserne sfornate sono circa 700. E per fine 2012 dall'impianto campano dovrebbero uscire 110-120mila modelli rispetto ai 190mila previsti (240-250mila il dato indicato a suo tempo, una volta a regime lo stabilimento).
«È una vicenda piena di contraddizioni - commenta Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania -: a parte il rischio del “travaso”, la cosa assurda è che i 145 operai Fiom per essere assunti dovranno firmare quel contratto, frutto del referendum tra i lavoratori del giugno 2010, che il sindacato di Maurizio Landini, a cui appartengono, ha combattuto e continua a combattere tuttora. Firmando la lettera di assunzione proposta dalla nuova società Fabbrica Italia Pomigliano, di fatto rinnegherebbero la loro protesta. Un vero controsenso».
Nei prossimi giorni, intanto, gli avvocati del Lingotto presenteranno il ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d'Appello. Fiat sembra essere decisa ad andare sino in fondo, pur di far valere le proprie ragioni, a costo di ricorrere alla Corte di giustizia Ue.
Il panorama europeo, infine, dell'auto sta prendendo una brutta piega.
E gli allarmi lanciati da Sergio Marchionne, nella veste di presidente di Acea, cominciano a trovare riscontri concreti.

Dopo l'annuncio di Psa di chiudere la fabbrica Citroën di Aulnay nel 2014 (l'Eliseo ha promesso 7 miliardi di finanziamenti alla banca del gruppo, a patto però che i tagli siano ridotti; promessa che ha fatto infuriare la Bassa Sassonia, azionista forte di Volkswagen), Ford ha avviato con i sindacati le trattative per lo stop, sempre dal 2014, all'impianto belga di Genk.

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