Roma - Sono finiti i tempi dei ruderi ristrutturati, macerie trasformate in casali di lusso. Una specialità tutta italiana che per una quarantina di anni ha portato da noi investitori e cittadini stranieri. La nuova moda è opposta: trasformare edifici abitabili e funzionanti in ruderi. Prima si valorizzava la casa dei nonni per tornare in Paese oppure per ricavarne un reddito. Oggi, se le condizioni lo consentono, si preferisce mandare in malora la seconda casa - magari con qualche aiutino ai limiti della legalità - con l'obiettivo di pagare meno tasse.
Tra il 2011 e il 2014, secondo un'elaborazione del Sole24ore , le iscrizioni al catasto dei ruderi sono cresciute del 56%. Sono passate dalle 278mila a 434mila. Una corsa al rudere che trova conferma nelle scarsissime iscrizioni di immobili ordinari, commerciali o abitativi, aumentate solo del 3,3% nello stesso periodo.
A provocare la trasformazione di abitazioni funzionanti in edifici inagibili e inutilizzabili è la stessa che ha causato la crisi di un'intera filiera che va dall'edilizia all'immobiliare fino alla vendita di mobili: la stangata fiscale varata dai governi Monti e Letta.
L'introduzione dell'Imu e in generale la pressione fiscale sul mattone che è raddoppiata, ha fatto diventare la categoria catastale F/2, quella appunto dei ruderi, una meta ambita. Unica scappatoia alla tonnara fiscale (prima attiro i contribuenti sul mattone e poi aumento le tasse sul mattone) creata per fare quadrare i conti dello stato italiano a scapito dei piccoli risparmiatori. Nella maggior parte dei comuni, infatti, gli immobili che rientrano nella categoria F/2 non pagano né Imu né Tasi. In alcuni casi la base imponibile dell'Imu si dimezza.
Si dirà, un aumento così consistente non può che essere evasione fiscale. Effettivamente in alcuni casi dai controlli è emerso che quelli che erano classificati come ruderi erano case a tutti gli effetti.
Ma in molti casi le cose sono andate in modo diverso. I proprietari, invece di investire in ristrutturazioni come avrebbero fatto prima del salasso, hanno lasciato decadere gli immobili, fino a quando non hanno raggiunto i requisiti di legge. Cioè quando sono diventati irrecuperabili.
La normativa è stringente e prevede che rientrino nella categoria degli edifici «collabenti» le «costruzioni non abitabili o non agibili e comunque di fatto non utilizzabili», o recuperabili «con soli interventi edilizi di manutenzione ordinaria o straordinaria». In altri casi sono stati gli stessi proprietari a provocare crolli. Autodifesa rispetto a un regime fiscali che fa pagare imposte su un reddito che non esiste.
Il quotidiano economico, ha fatto il quadro dei ruderi provincia per provincia. Ci sono stati aumenti clamorosi, come quelli di Ferrara, 289,8% in quattro anni, Mantova, più 229,5%. In questi casi ha pesato sicuramente il terremoto che ha colpito soprattutto Modena (più 161%). Ma il numero di ruderi è cresciuto a dismisura anche a Lodi (170,9%) e persino a Venezia (128,2%).
Anche nelle aree metropolitane c'è stato un aumento di tutto rispetto, sorprendente se si tiene conto che in città è più difficile che ci siano dei ruderi. A Roma le iscrizioni nella categoria più ambita dagli italiani sono cresciute del 66,8% a Milano solo del 14,7%. Firenze 57,2%.
Nei mesi scorsi fu Confedilizia e il presidente Giorgio Spaziani Testa a denunciare l'impennata di iscrizione al catasto di immobili collabenti, spiegata da una parte dall'esasperazione dei proprietari, che rendono ruderi le
case agibili. Dall'altra con il fenomeno, ancora più preoccupante, della rinuncia a qualunque manutenzione. Inutile investire in un bene che è stato preso di mira dal fisco. Meglio farlo crollare se non regalarlo allo Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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