Dopo una serie di stop and go, questa volta il colpo di acceleratore che Sergio Marchionne ha dato alla nascita di FiatChrysler, sembra essere quello definitivo.
«È una mossa inevitabile - spiega nella tradizionale intervista di fine anno raccolta dal direttore di Automotive News Europa, Luca Ciferri -; avere un'entità non controllata all'interno del mondo Fiat-Chrysler non ha senso. Penso che siamo sulla buona strada» per una fusione delle due società entro il prossimo 2014.
Altri tentennamenti, di fatto, sarebbero rischiosi alla luce del piano industriale e dei nuovi prodotti che Marchionne intende mettere sul mercato da qui al 2016. Prima di tutto, comunque, il top manager deve risolvere il contenzioso con il fondo pensioni Veba nella cui mani c'è il rimanente 41,5% del gruppo di Auburn Hills. Le parti si sono affidate ai legali per sciogliere il nodo sul valore del 3,3% della casa automobilistica Usa: la valutazione data da Fiat è 139,7 milioni di dollari, quella di Veba 342 (+145%). La pratica è nelle mani del Tribunale del Delaware. Ottenuto il 61,8%, partirà il rush finale al restante 38,2% che dovrebbe concludersi, dunque, entro il 2014. A Marchionne, infatti, con il mercato europeo dell'auto in stato comatoso, rischiano di non bastare i flussi di cassa generati dalle attività brasiliane e da Ferrari. Per avviare prima, e ultimare poi, l'ambizioso progetto «premium» che ha al centro il polo Alfa Romeo-Maserati, occorre tanto denaro. E se il Brasile dovesse prendersi una brutta influenza, ecco che il castello di carte faticosamente costruito potrebbe crollare. I flussi generati grazie a Chrysler negli Stati Uniti (vendite a mille e assunzione di altri 1.250 operai), a quel punto, sarebbero una vera manna. Ma per metterci sopra le mani, Torino deve prima salire all'80% della controllata americana. Il rilancio di Alfa Romeo, in particolare (Marchionne ha ribadito di non avere interesse a cederla), comporterà un grande sforzo in investimenti e prodotti. Ma senza Chrysler, magari ora Alfa Romeo sarebbe stata già stata tedesca, nel senso che proprio l'acquisizione di Chrysler consentirà lo sviluppo del piano Alfa («era già pronto nel 2010 - ricorda Marchionne nell'intervista - ma l'alleanza con gli americani era ancora allo stato di immaturità»). Il top manager conferma anche l'anticipazione del Giornale sul fatto che la nuova Giulia si farà in Italia («la venderemo in tutto il mondo e, in Cina, sarà la classica berlina da autista»). Qualche numero ora: per il 2012 è prevista l'immatricolazione, sull'asse Torino-Detroit, di 4,2 milioni di autovetture: Chrysler ne venderà 2,4 milioni, mentre il resto è Fiat. Per il 2013, Marchionne stima una crescita delle consegne a 4,3 milioni di auto, di cui 2,6 milioni Chrysler e 1,7 Fiat, che quindi perde quota. Toccherà al neo responsabile del mercato europeo di Fiat, Alfredo Altavilla, trovare il modo di recuperare le posizioni in un contesto di estrema difficoltà e privo di certezze.
Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, infine, intercettato ieri all'inaugurazione dell'anno accademico della Bocconi di Milano, ritiene non verosimile che Fiat Industrial, prossima a unirsi con Cnh, esca dal listino
milanese per quotarsi su un'altra piazza. «Non credo che succeda», ha affermato.Gli uffici della Vigilanza sulla Borsa, intanto, continuano nel minuzioso lavoro di verifica del carteggio sulla liquidità del Lingotto.
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