Il G20 silenzia la guerra delle valute

Il G20 silenzia la guerra delle valute

Sopire e troncare: il motto del conte zio manzoniano si addice perfettamente al Gotha dell'economia. Nessuna «guerra delle valute», nessuna censura al Giappone per il deprezzamento dello yen, nessun accordo ma solo un rinvio sui nuovi obiettivi di riduzione dei debiti a medio termine, tanti appelli alla «rapida attuazione» delle riforme (ma nessuna misura concreta per lo sviluppo): queste le conclusioni del comunicato finale del G20, al termine della due giorni di lavoro a Mosca. L'obiettivo è chiaro: evitare di scatenare ulteriori tensioni sui mercati, per non affossare ulteriormente il fragile stato dell'economia mondiale.
Così i ministri delle Finanze e i governatori delle Banche centrali delle 20 economie più forti del mondo hanno raggiunto un compromesso tra i Paesi più timorosi del deprezzamento dello yen, come la Francia, e altri che in passato hanno praticato la stessa politica spregiudicata, come Usa e Cina: ma c'è voluta un'intera notte di discussioni. Appena il tempo di fare un salto in albergo e tornare per il comunicato finale al Maneggio degli zar, l'edificio accanto al Cremlino che ha ospitato i lavori del summit, per la prima volta in terra russa.
E proprio al ministro delle Finanze russo Anton Siluanov è toccato l'incarico di riferire, in una pausa dei lavori, che il G20 non è riuscito a raggiungere un accordo sui livelli di deficit di bilancio a medio termine. «Ci aspettiamo che entro aprile i Paesi facciano progressi sul raggiungimento di un approccio equilibrato per stabilire nuovi indicatori di bilancio, sia per il deficit sia per i debiti statali», ha spiegato. Ma di fatto l'obiettivo di dimezzare i deficit pubblici entro il 2013, adottato nel 2010 dal G20 di Toronto, è evaporato.
Accordo perfetto, invece, sulla necessità di sedare il «chiacchiericcio», come lo ha definito Draghi, a proposito della guerra delle valute: «Non esiste, meno se ne parla meglio è», ha sintetizzato il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. Che, proprio come il presidente della Bce, si impegna a ridimensionare anche i numeri della recessione, certificati da Eurostat: «I risultati in Europa non sono dei più favorevoli, ma la situazione è più distesa sul piano finanziario. Nella seconda metà del 2013 ci sono condizioni per un recupero». E via col mantra delle «riforme strutturali», che «contano davvero per la competitività», di cui però «non abbiamo discusso l'implementazione», conclude, un po' criptico, il governatore.
Gli fa eco il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, che la butta sull'ovvio: «L'uscita dalla crisi sarà difficile, che l' Italia fosse in recessione non mi sembra una grande sorpresa». E naturalmente «rigore e crescita non sono antagoniste, sono sinergiche, non c'è l'uno senza l'altra», conclude Grilli.
Il G20 si chiude con gli inevitabili appelli alla «rapida attuazione» delle riforme in materia di regolazione del mercato finanziario e alle regole di Basilea 3 che prevedono requisiti patrimoniali più stringenti per le banche. Il punto finale verrà fatto nel summit di settembre a San Pietroburgo, dove si attendono anche raccomandazioni sulla supervisione e la regolazione nel settore delle «banche ombra».


Infine, la riforma del Fmi, dove Mosca ottiene un successo nazionale, strappando l'impegno a rispettare la scadenza del prossimo gennaio per la revisione delle quote, in modo da «riflettere meglio il relativo peso dei Paesi membri del Fmi nell'economia mondiale».

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