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Gemina-Atlantia, via alle prove di fusione carta contro carta

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Gli azionisti Alitalia si stanno interrogando se e quanto denaro prestare alla società: per lunedì i conti dovranno essere fatti e dovranno entrare in cassa almeno 200 milioni; rapidamente per non essere in difficoltà con il pagamento degli stipendi di febbraio. Intesa è incaricata di individuare i finanziatori. Ma ciò non scongiura un aumento di capitale, previsto tra agosto e settembre. Il clima è avvelenato. Il consiglio dell'altro ieri è stato incandescente e tutto ruota intorno alla gestione che continua a non portare i risultati sperati. In una società che perde, i nervi sono scoperti. Così le riunioni di consiglio sono sempre più aspre.
Alla domanda che tutti si pongono - chi sta con chi - si può cercare una risposta induttiva. C'è un gruppo di azionisti più grandi, più istituzionali, che fa quadrato intorno al presidente Roberto Colaninno e all'ad Andrea Ragnetti; tra questi, in primis, Air France e Intesa Sanpaolo, la banca che fu regista della privatizzazione. Dall'altra parte, altri soci, più piccoli, scalpitano. Lunedì lo scontro c'è stato quando Salvatore Mancuso (fondo Equinox, 4,43%) ha proposto una redistribuzione di deleghe tra il presidente e il vice Elio Catania, a favore di questi. Un'idea provocatoria, che non è passata (6 sì e 13 no). Lo stesso Catania, si riferisce, avrebbe votato contro. La spiegazione viene data così: il voto nei cda Alitalia non è contestuale, ma ciascuno esprime singolarmente la propria decisione. Viste le prime dichiarazioni di voto, alcuni consiglieri avrebbero preferito schierarsi con la maggioranza.
Tra i ribelli favorevoli a un ridimensionamento del presidente, Gaetano Carbonelli d'Angelo, Achille D'Avanzo, Antonio Angeluscci, Davide Maccagnini. Carbonelli ieri è stato esplicito: non metto un euro se non cambia l'ad, ha detto in sostanza. Continua sedere nel board, anche Paolo Ligresti, figlio di Salvatore, malgrado Fondiaria è ormai di Unipol. È inamovibile contro la sua volontà o senza la decadenza dell'intero cda, così Bologna non può fare nulla, deve rassegnarsi a essere rappresentata dal figlio del vecchio padrone.
Non è la prima volta che il cda si spacca. Alcune settimane fa si era litigato su questioni non strategiche (tessere Freccia Alata, consulenti legali), dimostrando che ogni pretesto è buono. Ragnetti aveva abbandonato la sala sbattendo la porta, ed era stato riportato al tavolo dopo lo sforzo diplomatico di Colaninno. A quest'ultimo che cosa si rimprovera? Proprio la scelta dell'ad, della cui gestione parte dei soci è insoddisfatta. Del resto, i conti restano in affanno: per il 2012 si parla di perdite da 180 milioni.

Il pareggio operativo è tuttora atteso per il 2013: ma intanto Air France, unico acquirente prevedibile, sta in silenziosa, cinica attesa.
Alitalia ha motivo di consolazione nella qualità del proprio prodotto. Ieri ha ricevuto il BizTravel Award per la business e per «la migliore uniforme dello staff di bordo». Almeno la divisa è impeccabile.

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