Generali, nuovo ceo per evitare la serie B

Trieste punta sul cambio di strategia. Gli equilibri tra i soci

Generali, nuovo ceo per evitare la serie B

L’esito del cda delle Generali che ieri a Milano ha sfiduciato il group ceo Giovanni Perissinotto era scontato già da giovedì sera, quando si era capito che l’asse consiglieri-azionisti che volevano la svolta era troppo ampia per non riuscire nell’operazione. E le modalità della svolta sono maturate in questi ultimi mesi secondo un percorso che apre una nuova fase nel futuro della compagnia: questa è la novità. La nomina di Mario Greco è il frutto di un asse che per la prima volta vede Mediobanca pesare tanto quanto il gruppo di soci privati che nella compagnia hanno investito più di un miliardo e che su questo stanno subendo perdite enormi. Non a caso è la «discontinuità» la parola chiave usata ieri da Lorenzo Pellicioli (nella foto), numero uno di De Agostini e protagonista del ribaltone al vertice del Leone. Perché non c’è niente da fare: con i titoli Generali a 8 euro i soci, grandi e piccini, sono disperati. Bisognava inventarsi qualcosa e il cambio del group ceo assume la valenza di quello di un allenatore di una squadra di calcio che rischia la B, ma che ha ancora abbastanza partite da giocare per evitarla. Poi è vero che ogni azionista poteva avere motivazioni particolari, legate alle vicenda Fonsai, piuttosto che alla put su Ppf. Ma il vero tema resta la voglia di una strategia nuova per il gruppo.
Per questo Pellicioli in questi giorni e ieri in cda ha parlato soprattutto del futuro del gruppo e, appunto, di discontinuità. E ieri nessuno dei consiglieri che ha sfiduciato Perissinotto si è curato di fargli un processo: non era questo il punto. Andava trovata una via d’uscita e un manager che garantisse - in un’azienda complessa come un’assicurazione, dove pesano come macigni le inerzie legate alle scelte passate, ai contratti, agli investimenti - di impostare una strategia nuova. Un esempio su tutti: Generali viene da un approccio passivo alle iniziative di crescita, intraprese nel tempo più per occasioni di passaggio (Ina, Toro, Ppf) che non per obiettivi previsti da una precisa strategia, da un esame approfondito sull’allocazione del capitale di crescita. Così è stato sempre anche per l’araba fenice dell’aumento di capitale: «Se servisse si farà», si è sempre sentito dire a Trieste. I grandi soci vogliono ora ribaltare questa indole, e credono che un ex McKinsey con esperienza in varie aziende del settore sia la persona giusta al momento giusto. Perissinotto, che lo era stato in passato, ora non lo è più.
Dopodiché, questa svolta lascia aperti molti interrogativi. Il primo è quale sarà il ruolo di Mediobanca, destinata per di più a scendere nel capitale di Generali dal 13,2% verso il 10% potenzialmente entro il 2014, per un più equilibrato rapporto tra la quota di Trieste e il suo patrimonio di vigilanza. Con la scelta di Greco, piazzetta Cuccia è riuscita di nuovo a fare asse con i privati. Ma resta l’impressione che la geometria degli equilibri e delle scelte sia troppo erratica e contraddittoria. La stessa operazione, un anno fa, quando era l’allora presidente Geronzi a dubitare di Perissinotto, fu osteggiata proprio da Mediobanca che, sempre in asse con alcuni degli stessi soci privati di oggi, scelse di cacciare Geronzi e non Perissinotto. Forse perché facendo diversamente, non avrebbe potuto controllare gli esiti futuri.

Cosa che ora è invece riuscita a fare. Ma quanto durerà? L’anno prossimo l’intero cda delle Generali è in scadenza: sarà il banco di prova per capire verso quali nuovi equilibri si orienteranno non solo le Generali, ma l’intero grande capitalismo nazionale.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica