Economia

La geopolitica del petrolio: incontro a Doha. Mosca e Riad congelano produzione

La produzione del petrolio verrà "congelata" al livello dell’11 gennaio. Lo riporta la Tass, citando il ministro dell’Energia del Qatar. È il risultato del meeting a Doha tra ministri dell’Energia e del Petrolio di alcuni Stati membri Opec, come Arabia Saudita e Venezuela, e la Russia

La geopolitica del petrolio: incontro a Doha. Mosca e Riad congelano produzione

Dal prezzo del petrolio dipendono molte cose. Non solo i prezzi dei carburanti e di moltissimi altri prodotti o servizi (trasporti, riscaldamento), ma anche i rapporti geopolitici e, in alcuni casi, le guerre.

Il prezzo del petrolio è in forte rialzo sopra 31 dollari al barile. Gli investitori guardano con forte interesse l’incontro iniziato a Doha (Qatar) tra Russia, Arabia Saudita, Qatar e Venezuela, per affrontare la questione dell’eccesso di rifornimenti petroliferi sui mercati, che ha fatto crollare i prezzi. I funzionari Opec hanno detto che discuteranno i modi per stabilizzare i mercati del petrolio.

Il ministro saudita del petrolio, Ali al Naimi, incontra il collega russo, Alexander Novak. Dalla metà del 2014 il prezzo del petrolio ha perso il 70%. Arabia Saudita e Russia sono i due principali produttori di petrolio del mondo. Riad tira le fila dell’Opec, il cartello che raggruppa i principali paesi produttori (di cui non fa parte Mosca). Qatar e Venezuela partecipanoalla discussione con i due ministri del petrolio, Mohammed Saleh Al-Sada e Eulogio del Pino.

Si riuscirà a trovare un accordo? Qualcosa inizia a muoversi. La produzione del petrolio verrà "congelata" al livello dell’11 gennaio. Lo riporta la Tass, citando il ministro dell’Energia del Qatar. È il risultato del meeting di Doha. Ufficialmente Riad non voleva ridurre l’estrazione di greggio, perché intende sfiancare i produttori di shale oil Usa (molti sull’orlo della bancarotta per gli eccessivi costi di produzione), che hanno reso energeticamente indipendente l’America. Ma il solo fatto che al Naimi abbia accettato di incontrare gli omologhi russo e venezuelano, ha fatto pensare a un "possibile cedimento" nell’intransigenza saudita, che dal picco registrato nel 2015 (114 dollari) ha portato il prezzo dell'oro nero a meno di 30 dollari al barile. Il tutto mentre l’Iran sta iniziando a riversare sul mercato il proprio greggio. L'obiettivo è 500.000 barili al giorno, ma ha iniziato a esportare i circa 26 milioni di barili estratti ma stoccati su enorme petroliere in mancanza di acquirenti per le sanzioni sul programma nucleare.

L’Arabia saudita, ormai è chiaro, vuole che i paesi non Opec, e in primo luogo della Russia, collaborino per una riduzione della produzione, in grado di far risalire i prezzi. I mercati apprezzano: il solo annuncio della riunione ha già fatto alzare il prezzo del petrolio sopra quota 30 dollari al barile. Sul circuito elettronico i future sul Light crude Wti salgono di 1,69 dollari a 31,13 dollari e quelli sul Brent crescono di 2,01 dollari a 35,40 dollari.

Il ministero degli Esteri russo ha sottolineato la necessità di una normalizzazione dei rapporto tra Iran e Arabia Saudita per affrontare in modo congiunto la questione della stabilizzazione del mercato del petrolio. A esprimersi in questi termini è stato il capo del dipartimento del ministero russo per l’Asia, Zamir Kabulov, incaricato dal Cremlino per l’Afghanistan. A suo dire, la proposta russa di mediare nel dialogo tra Teheran e Riad è stata accolta in modo positivo dalla repubblica islamica. "Abbiamo tutti bisogno di stabilizzare il mercato petrolifero e tornare a normali indicatori di prezzo - ha detto citato da Ria Novosti - e questi sono paesi chiave, in particolare l’Arabia Saudita e sì anche l’Iran, che cerca di tornare sul mercato del petrolio in previsione di una rapida cancellazione di molte sanzioni".

Il vice ministro ha comunque riconosciuto che serve tempo per superare "lamentele e irritazioni" accumulate negli anni tra i due paesi, riferimento del mondo sunnita uno e di quello sciita l’altro.

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