La Germania perde colpi Lo spread sotto quota 190

La Germania perde colpi Lo spread sotto quota 190

Poco mosse, in un collettivo andamento da encefalogramma piatto. A volte, però, anche variazioni quasi impercettibili sono sinonimo di una certa resistenza alle cattive notizie. Ieri, per esempio, le Borse avrebbero potuto inciampare a causa del crollo in Germania dell'indice Zew, quello che misura il grado di fiducia degli investitori. Non è invece accaduto. Piazza Affari se l'è cavata con un +0,09% finale che ha mantenuto il Ftse-Mib ben saldo sopra i 20mila punti, mentre lo spread è addirittura calato, per la prima volta dal giugno 2011, sotto quota 190 (a 189 punti). Di riflesso, il rendimento del decennale italiano si è avvicinato al 3,5% aggiornando i minimi dal 2006. Un ulteriore sollievo per il Tesoro in vista delle prossime emissioni. Gli analisti mettono in relazione il raffreddamento del differenziale Btp-Bund con il miglioramento dell'outlook italiano deciso da Moody's sabato scorso e con la scommessa che Matteo Renzi riuscirà a completare entro fine settimana la squadra di governo.
L'impressione è che nella fase attuale, con il tapering della Fed ormai avviato e con lo stemperarsi delle tensioni sui Paesi emergenti, l'ipersensibilità dei mercati sia venuta meno. Così, non ha creato allarme la mossa con cui la banca centrale cinese ha ritirato dal sistema liquidità per 8 miliardi di dollari, nè vi è stata reazione per gli altri 7mila miliardi di yen (60 miliardi di euro) pompati dalla Bank of Japan per combattere la deflazione e in risposta alla deludente crescita dell'1,3% del Pil nel 2013. Quanto alla Germania, lo Zew indica che le prospettive per i prossimi sei mesi sono sbilanciate sul versante del pessimismo. E per due ragioni: da un lato permangono le preoccupazioni per una ripresa fiacca nell'eurozona, il principale mercato di sbocco per il made in Germany; dall'altro, il rallentamento della Cina non promette nulla di buono per l'export tedesco.
Le chance di una recovery all'interno di Eurolandia sono in buona misura legate alle decisioni che la Bce potrebbe prendere in marzo. Mario Draghi non ha escluso l'uso di qualsiasi mezzo per favorire la crescita e combattere un'inflazione troppo bassa (0,7%) e che in alcuni Paesi è già degenerata in deflazione.

L'intervento sarà però subordinato ai verdetti che arriveranno dagli ultimi dati macro di cui l'Eurotower disporrà prima della riunione del board.
Sullo sfondo, continuano intanto i lavori dell'Ecofin per trovare la quadra sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. La maratona negoziale di ieri, però, si è conclusa con un'altra fumata nera.

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