Economia

Il governo Monti in cerca di soldi pensa di vendere anche Eni ed Enel

Trentadue miliardi per consentire alla macchina-Stato di sopravvivere. Il governo di Mario Monti sta pensando di riaprire il dossier privatizzazioni. Ma questa volta la posta in palio è alta: le quote pubbliche in Eni ed Enel, che ai prezzi di Borsa di ieri valevano ben 32 miliardi, potrebbero in futuro trovare un nuovo proprietario. A Piazza Affari non ci sono stati particolari scossoni: Eni è rimasta invariata (-0,22%) mentre Enel ha chiuso in ribasso (-1,86%).
«Al momento non prevediamo la cessione delle partecipazioni, ma per il futuro si potrà discutere di questo punto e non possiamo escludere una valorizzazione di queste quote», ha detto il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti durante un'audizione alla Commissione Attività produttive della Camera. Secondo De Vincenti, infatti, per operatori di mercato come Eni e Enel «è opportuno che lo Stato stabilisca le regole ma rimanga fuori» dall'assetto azionario. Il sottosegretario ha invece chiarito che «per le reti di trasporto di energia e gas (Terna e Snam, ndr) è fondamentale la partecipazione statale e manterremo la quota di controllo, anche se attraverso Cdp».
Il punto fondamentale è tuttavia un altro. Al di là delle puntualizzazioni, la disponibilità del governo a uscire da due big del settore energia (nonché imprese che tutelano gli interessi nazionali) lasciano trasparire una certa ansia sul versante dei conti pubblici. L'attuale fase dei mercati non è sicuramente la migliore per liquidare quelle quote, considerato che Eni ed Enel viaggiano lontane dai massimi storici. Certo, il 31,2% della società guidata da Fulvio Conti vale 10 miliardi di euro e anche se le azioni viaggiano attorno ai 3 euro (massimo storico a 7,7 euro), sono sempre un bel «gruzzolo» da sfruttare nei tempi di crisi. Idem per il gruppo di Paolo Scaroni: il Tesoro ha il 30,3% (il 26,3% fa capo alla Cdp)e vale circa 22 miliardi.

Il Cane a sei zampe quota 18 euro circa (record a 25 euro) ma con Enel è una delle poche multinazionali italiane a guadagnarsi ogni anno le lodi di Mediobanca. Vale la pena liberarsene o forse Monti dovrebbe tagliare altri rami secchi?

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