C'è modo e modo di affrontare l'inflazione. Qualcuno sta pensando di prendere per le corna il toro imbizzarrito dei prezzi, tipo Usa e Cina. Washington e Pechino stanno valutando l'opzione estrema, l'utilizzo delle riserve strategiche di petrolio. Era l'idea di Joe Biden, che per vincere le resistenze interne ha poi suggerito un'azione «coordinata» in modo da coinvolgere i Paesi maggiori consumatori di greggio, tra i quali anche India, Giappone e Corea del Sud. Gli stock d'emergenza di Usa e Dragone valgono qualcosa come circa oltre un milioni di barili di oro nero, ma per impattare sulle quotazioni, facendole deflettere, sarebbe sufficiente che l'America liberasse 20-30 milioni di barili. Una quota analoga rilasciata dalla Cina e un'azione di concerto con altri alleati influenzerebbe ancor più i mercati. Il Brent è infatti ripiegato sotto gli 80 dollari, prima di riprendere quota in assenza di conferme ufficiali.
Qualcosa sembra insomma muoversi sul fronte caldo dell'inflazione. Chi invece non si cura del carovita è Recep Tayyip Erdogan. Al lavoro indefettibile di ricostruzione delle più basilari regole macroeconomiche, il sultano di Istambul ha aggiunto ieri un altro mattone. Pesantissimo per la lira turca, crollata ieri a quota 11 contro il dollaro (minimo storico) dopo che la banca centrale Tcmb ha dato l'ennesimo colpo di scimitarra ai tassi di interesse. Un taglio secco di 100 punti, costo del denaro schiacciato al 15%. Insomma, la solita ricetta erdoganiana a rovescio applicata a un'economia che, sputando inflazione, avrebbe bisogno di ben altra cura. Lui, il presidente, fa riecheggiare il mantra di Fed e Bce: «un surriscaldamento passeggero, finirà». Sulla transitorietà del fenomeno è lecito però nutrire dubbi: dal dicembre 2019 la Turchia è avviluppata in una spirale di aumento a doppia cifra dei prezzi, balzati in anno fino a lambire il 20%. Ma Erdogan tira dritto: vuole lottare per tassi più bassi «fino alla fine», evoca gli insegnamenti islamici che proibiscono l'usura.
La Tcmb ha detto che da dicembre gli allentamenti potrebbero terminare. Nessuno ci crede.
Se il presidente chiede, il presidente ottiene. Chi si oppone viene defenestrato. L'attuale governatore, Sahap Kavcioglu, ha ridotto da settembre il costo del denaro di ben 400 punti e non pare avere denti abbastanza aguzzi per aggredire il Re leone.
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