Economia

Guerra ai risparmi fermi sui conti correnti Fineco apre la strada

Banche al bivio: o i clienti investono risorse sull'economia, o rischiano l'aumento dei costi

Guerra ai risparmi  fermi sui conti correnti Fineco apre la strada

Fineco ha aperto la strada: in uno scenario di tassi negativi, la maxi-liquidità lasciata improduttiva in banca non è più gradita. Per gli istituti di credito i quasi duemila miliardi congelati sui conti correnti stanno diventando un problema, mentre potrebbero essere risorse preziose per sostenere il tessuto economico del paese e la sua ripresa. Anche il risparmiatore, peraltro, decidendo di non decidere, perde potenziali opportunità di investimento e rischia di vedersi eroso il capitale dall'inflazione in agguato, senza considerare gli scenari più cupi che potrebbero prima o poi passare da patrimoniali o prelievi forzosi pronte a intaccare, come avvenuto nel 1992 sotto il governo di Giuliano Amato, i soldi sul conto corrente.

La questione non riguarda solo i pochi fortunati clienti messi nel mirino dalla mail «manifesto» inviata ai correntisti inattivi (privi cioè di contratti di finanziamenti o investimento) di Fineco con oltre 100mila euro sul conto, a cui la banca ha preannunciato la rescissione del contratto qualora, entro due mesi, non effettuino operazioni. Con il Covid, tra le incertezze sul futuro e l'impossibilità di spendere liberamente a causa delle limitazioni ai viaggi e delle chiusure imposte a molti esercizi commerciali, la propensione al risparmio degli italiani ha messo le ali. A febbraio, secondo i dati di Abi, i depositi bancari sono arrivati a toccare quota 1.746 miliardi con un rialzo del 10,2%. E il trend non accenna a spegnersi. Troppo? Difficile a dirsi: si tratta di depositi «sterili» che per la banca, ma a ben vedere anche i risparmiatori e per l'economia reale, rappresentano un costo. I conti della «serva» sono presto fatti.

«Per gli istituti di credito la liquidità in giacenza è diventata un ulteriore problema che aggredisce la redditività. La Bce finanzia le banche generalmente con un tasso a zero, ma gli istituti di credito per poter restituire prontamente i capitali in giacenza debbono investire la liquidità in strumenti a breve termine o depositarla presso la Bce, soluzioni che hanno un costo. I Bot a due anni costano alla banca (rendimento negativo) lo 0,41%, la cassaforte di Francoforte lo 0,5 per cento» spiega Antonio Amendola, Fund Manager Equity Italia ed Europa di AcomeA Sgr. D'altro canto, come ricorda Amendola, «non aiutano né la scarsa cultura finanziaria del paese né l'assenza di veri incentivi governativi agli investimenti. Tra una elevata tassazione delle plusvalenze finanziarie (al 26% a fronte del rischio assunto dal risparmiatore sul capitale), un sostegno ancora timido ai Pir e il mancato decollo degli Eltif, la strada per incanalare l'ingente liquidità bloccata in banca nelle imprese è ancora lunga». L'auspicio di convincere gli italiani (e non solo i correntisti con maxi-giacenze) a investire su mini-bond e Pir, ma anche in fondi comuni di investimento, per destinare risorse alle aziende, è ciclicamente sollevato dalle diverse istituzioni. Il problema è capire come. «La scelta fatta da alcune banche di prevedere misure contro quei clienti che detengono grandi masse liquide senza effettuare investimenti è comprensibile. Ma nel nostro caso il problema è molto marginale, perché riusciamo a spiegare ai clienti le opportunità che si aprono affidandosi ai consigli di un consulente esperto» ha invece dichiarato al Giornale Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum.

In questo contesto sono numerose le banche che stanno ragionando sulle possibili soluzioni. Se la strada dei tassi negativi sui depositi, già attiva in altri paesi (come Svizzera, Danimarca, Francia e Germania), è dubbia in seguito all'interpretazione degli articoli 1825 e 1834 del codice civile, sono sempre più numerose le banche che hanno deciso di far pagare ai «non consumatori» (partite iva e imprese) le maxi-giacenze. L'Abi, contattata, ribadisce come sempre di non intervenire sulle strategie e politiche commericali delle singole banche.

Intanto Fineco, da cui tutto è partito, è riuscita nel suo scopo: la banca guidata da Alessandro Foti, ha fatto sapere di aver «cominciato a prendere contatto con i clienti coinvolti dal provvedimento e le reazioni sono state molto positive.

I clienti si sono mostrati molto interessati ad approfondire le opportunità di investimento».

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