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I Bot fanno il tutto esaurito e i Bund no: rendono poco

I Bot fanno il tutto esaurito e i Bund no: rendono poco

Preferite guadagnare uno 0,5%, oppure più del 2%? Attenti, la risposta non è così scontata. Non almeno quando si parla di titoli di Stato, i cui rendimenti sono legati a doppio filo alla durata del bond. Capita così che un tasso di interesse inferiore al mezzo punto percentuale attiri gli investitori con la potenza di una calamita. È successo ieri, con il Tesoro che ha collocato 6,5 miliardi di Bot semestrali senza peraltro riuscire a soddisfare tutte le richieste, di 1,7 volte superiori all'offerta. Chi è riuscito a mettere le mani sul Buono, ha accettato di incassare appena uno 0,492% (0,594% in aprile).
Dietro al successo dell'asta, un esito elettorale che ha quasi annichilito le spinte populiste del Movimento 5 Stelle e consolidato il peso di Matteo Renzi, ora atteso a un non facile compito riformista dentro i confini nazionali e a trovare, a livello europeo, la quadra necessaria per favorire crescita e occupazione. Il riposizionamento delle lancette sul versante della stabilità politica è d'altronde alla base del raffreddamento dello spread, sceso a quota 157. Dal picco della scorsa settimana, quando nessuno avrebbe scommesso un cent sull'affermazione quasi bulgara del Pd, sono oltre 40 punti in meno. Per via XX Settembre significano un risparmio (teorico) di circa 3,5 miliardi sugli interessi pagati sul debito.
Ma il calo delle tensioni, visibile anche nello scivolamento dell'euro sotto 1,36 dollari, rimanda anche alle misure che la Bce prenderà giovedì prossimo per contrastare i rischi di deflazione e per indebolire il cambio. Scontato un duplice taglio dei tassi (sia quello di riferimento, sia quello sui depositi), resta ancora qualche margine di incertezza sulla possibile implementazione di una nuova iniezione di liquidità destinata all'economia reale. Mario Draghi è però già in movimento: domani scoprirà le carte del piano predisposto con la Banca d'Inghilterra per rivitalizzare il mercato degli Abs, i titoli che cartolarizzano i prestiti a famiglie e imprese. Improbabile, invece, l'acquisto diretto di titoli di Stato, un'opzione che da sempre incontra il fuoco di sbarramento della Bundesbank.
Peccato, però, che la banca centrale tedesca faccia in casa propria esattamente ciò che vorrebbe impedire alla Bce. Ieri, e per la seconda volta in una settimana, l'asta dei Bund è stata un fiasko, per dirla con i tedeschi. Un flop di domanda per il trentennale, proposto con un rendimento del 2,25 giudicato insufficiente dagli investitori. Così, come già accaduto in passato, la Buba è intervenuta per acquistare l'invenduto. Che sarà poi ricollocato sul mercato secondario.

Di fatto, Jens Weidmann si comporta come un prestatore di ultima istanza verso lo Stato tedesco. Un comportamento non proprio in ossequio a quei “sacri“ trattati, tanto difesi da Berlino quando di mezzo ci sono i Btp o i Bonos spagnoli, che vietano un finanziamento monetario del disavanzo.

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