La «vittoria» di Monti sulla Merkel, non deve illudere. L'Italia, per risolvere il problema del debito, ha bisogno di uscire dalla recessione in cui è sprofondata. Ci occorre una politica di crescita che non c'è e una riforma del mercato del lavoro, alla tedesca, che non si vede proprio. Anzi sta accadendo il contrario.
Il Tribunale di Roma, infatti, ha stabilito che Fiat Auto deve «riassumere» a Pomigliano d'Arco 145 iscritti alla Cgil, per evitare la discriminazione sindacale. Fiat, per potere effettuare il rilancio internazionale delle sue fabbriche in Italia, con un contratto basato sulla produttività, è dovuta uscire da Confindustria, in quanto il contratto in questione deroga a quello vigente, di carattere nazionale, firmato con Cgil. I sindacati diversi da Cgil hanno assecondato Fiat nel progetto denominato «Fabbrica Italia».
Così il Lingotto, nel 2011, ha messo in cassa integrazione straordinaria i 4mila addetti dell'azienda di Pomigliano e ne ha assunti 2.071 nella nuova società FIP (Fabbrica Italia di Pomigliano), con il nuovo contratto. Cisl, Uil, Ugi e Fismic lo hanno firmato.
Fiom di CGIL non lo ha sottoscritto. Ovviamente, i 2.071 lavoratori assunti in FIP hanno il contratto di produttività. E molti altri, disposti a firmarlo, restano in cassa integrazione nella vecchia azienda in attesa che possa aumentare la produzione di Panda, per poter essere riassunti. Invece 145 furbi, con la sollecitazione di Fiom-Cgil, hanno fatto ricorso al giudice del lavoro, sostenendo che loro volevano essere assunti, però con il vecchio contratto e che sarebbero stati discriminati perché aderenti a Fiom . Il magistrato del lavoro Anna Baroncini ha accolto il ricorso ritenendo che ci sia stata tale «discriminazione sindacale».
In realtà, c'è stata una mancanza di volontà contrattuale da parte dei 145, che pretendevano di firmare un contratto diverso da quello a loro offerto.
Secondo la loro tesi peregrina, in FIP ci sarebbero dovuti essere due contratti: uno che riguarda 2.071 addetti, che hanno determinati obblighi di turni a rotazione e determinati impegni; ed un altro per 145 addetti che invece lavorano con un sistema diverso di turni e con un regolamento che permette assenteismi opportunistici. In sostanza, una specie di oasi per la brigata targata Cgil.
Ciò, secondo il responsabile auto di Fiom, Giorgio Airaudo, sarebbe richiesto dalla Costituzione italiana e dalle norme europee! La discriminazione sindacale, vietata a livello europeo e dalla legge italiana, consiste nel non assumere determinati lavoratori per la loro appartenenza a un dato sindacato, non già perché pretendono di firmare un contratto diverso da quello che l'azienda propone e che gli altri accettano.
Inoltre , un conto è la assunzione di una persona in più, un altro la assunzione di 145 addetti, che in uno stabilimento di 2.071, sono il 7% della forza lavoro. Con questa sentenza il giudice di Roma Baroncini non solo vuole impedire a Fiat di fare, con i sindacati liberi, un contratto collettivo di lavoro, stabilendo il principio che la CGIL ha un diritto di veto in materia , come ai tempi del PCI . Vuole anche determinare il numero di addetti che lo stabilimento FIP deve avere !
La Fiat, facendo ricorso in appello contro questa sentenza e chiedendo la sospensione della sua applicazione, fa notare che per ora FIP ha bisogno solo di 2.071 addetti. Dovendone prendere 145 aggiuntivi, dovrebbe mettere in cassa integrazione il 7% dei suoi addetti o dovrebbe aprire una procedura di licenziamento collettivo per un numero di lavoratori equivalente, salvo compromettere il bilancio aziendale. Giustamente Sergio Marchionne ha definito questo pasticcio come «folklore locale» dell'Italia.
Questo episodio sta facendo il giro della stampa finanziaria internazionale e sta incidendo negativamente sul nostro debito pubblico.
La tesi degli analisti finanziari è che l'Italia con questo mercato del lavoro è condannata a non crescere; e dato il peso del debito sul Pil, superiore al 120%, e il deficit della bilancia corrente dei pagamenti, superiore all’un per cento a causa del peso degli interessi passivi, tale mancata crescita, dovuta a una insufficiente competitività, pregiudica la permanenza del nostro paese nell'euro.Finché i contratti di lavoro e il livello occupazionale degli addetti delle imprese dipendono da giudici con poteri discrezionali, il rischio Italia non scenderà mai.