Imu o non Imu gli italiani hanno cominciato a sfogliare la margherita dello sconforto e il boom del mattone sembra proprio essersi esaurito. A questa dura, ma realistica conclusione, giunge il rapporto Abi-Censis sull’evoluzione, ma sarebbe più giusto, a questo punto, definirla involuzione, del rapporto fra gli italiani e l’abitazione: solo il 17,3 per cento degli italiani pensa, oggi come oggi, che i soldi andrebbero investiti nel mattone, contro il 36,6 per cento che, invece, resta convinto che andrebbero tenuti liquidi aspettando tempi migliori.
Un bel cambio di rotta visto e considerato che un anno fa i dati erano quasi invertiti: il 33,5 per cento avrebbe investito in immobili, contro un 25,5 per cento che preferiva mantenere somme di liquidità. Motivata da mille e una ragione, l’inversione di tendenza presenta, secondo lo studio Abi-Censis, anche altri risvolti tra cui il fatto che i costi legati alla proprietà delle case spingeranno a una razionalizzazione del patrimonio immobiliare degli italiani. Razionalizzazione che in parte potrà andare nella direzione di un frazionamento delle abitazioni più grandi per venire incontro al restringimento delle famiglie, ma che soprattutto riguarderà il recupero, la messa in sicurezza e il risparmio energetico. Oggi il 55 per cento degli edifici ha più di 40 anni, tra dieci anni saranno quasi il 70 per cento e 40 anni è l’età in cui un edificio ha bisogno di ammodernamenti.
Quanto agli affitti, in quest’ottica va inquadrato anche il flop della famosa cedolare secca (che da poco più di un anno sostituisce la denuncia Irpef) cioè la tassa al 19 o al 21 per cento, rispettivamente per gli affitti concordati o quelli di mercato. Un’opzione vantaggiosa per chi ha un’aliquota Irpef superiore al 23 per cento e che, almeno nelle speranze del legislatore, avrebbe dovuto far entrare nelle casse dello Stato 2,6 miliardi di euro. Così non è accaduto perché, stando agli acconti versati nel 2011, pari a 675 milioni (corrispondenti a quasi 800 milioni a saldo) e a quanto versato nel 2012 (4 milioni) i conti si fermano ben lontano dagli obbiettivi.
Vero è che per i numeri definitivi occorrerà attendere i pagamenti Irpef di giugno e del prossimo novembre ma resta molto difficile ipotizzare un’inversione di tendenza. A ciò si aggiunge un’accertata ritrosia o reale indisponibilità a pagare l’Imu. In un sondaggio svolto presso i 900 Caf, suddivisi fra le 60 sedi provinciali di Unimpresa, il 15 per cento dei proprietari sembra molto propenso a rimandare tutto a dicembre quando scadrà il termine per saldare il conto con l’intera imposta del 2012. Mentre il 25 per cento degli «intervistati» ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di pagare l’Imu, quindi né la rata di giugno (acconto), da versare entro lunedì, né quella di dicembre (saldo), preferendo aspettare il prossimo anno. In buona sostanza solo 3 su 5 sono i proprietari in regola.
Secondo Unimpresa chi non rispetterà le scadenze dichiara di avere problemi di liquidità e indica l’aumento degli importi rispetto alla vecchia Ici come causa del ritardo o mancato pagamento. Di conseguenza è «a rischio - rileva l’associazione - una fetta rilevante di gettito per Stato e Comuni: da 2 a 8 miliardi di euro».
Una constatazione sulla quale si esprime senza perifrasi Daniela Santanchè: «Unimpresa sostiene che il 40 per cento dei contribuenti non verserà l’Imu? Diffido chiunque dal chiamarli evasori. Questa è gente che merita tutta la nostra comprensione e solidarietà. Non li lasciamo soli in questa scelta di legittima difesa da una tassa iniqua e ingiusta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.