Barack Obama si era esposto in prima persona: «Mai più un'altra Lehman Brothers». A cinque anni di distanza da quell'epic fail, e dopo un percorso tortuoso che sembrava aver allontanato l'America dai rigidi paletti posti da Basilea 3 sulle banche europee, la Federal Reserve partorisce il suo modello anti-choc. E non fa sconti, soprattutto agli istituti sistemici, quelli con asset superiori ai 250 miliardi di dollari. Anzi: molte tra le big di Wall Street dovranno fare i conti con requisiti patrimoniali così stringenti da richiedere robuste iniezioni di capitali freschi.
È un giro di vite a tutti gli effetti, quello deciso da Ben Bernanke con la probabile complicità di colei che presto prenderà il suo posto, ovvero quella Janet Yellen mai stata tenera verso l'establishment finanziario. Per prima cosa, sono previsti tempi stretti di entrata in vigore della normativa: se non ci saranno ostacoli, la proposta diventerà legge entro il gennaio del 2017, due anni prima della scadenza fissata nell'Ue. L'obiettivo della Fed è chiaro: ogni banca deve avere spalle sufficientemente robuste per reggere a uno stress di liquidità della durata di almeno un mese. E per non restare a «secco» c'è bisogno di un «liquidity coverage ratio» (indicatore di copertura di liquidità a breve, senza ricorso al mercato, dato dal rapporto tra attività liquide di elevata qualità e deflussi di cassa netti su 30 giorni) particolarmente elevato: all'80% entro il 2015 e al 100% entro il 2017. Al contrario, le coperture previste da Basilea 3 indicano un 60% entro il 2015 e il 100% entro il 2019.
Ma è anche su un altro versante che l'istituto di Washington stringe con decisione le maglie. Il «paniere» che contiene gli asset di qualità sarà composto solo da bond governativi e corporate, oltre alle riserve extra detenute dalla Fed, ma non dai covered bond, dalle obbligazioni municipali e dai titoli a debito garantiti da mutui che invece fanno parte degli standard previsti da Basilea 3.
Nessuno ha ancora stimato quanto costeranno al sistema bancario Usa i nuovi parametri di capitale richiesti. Uno studio pubblicato la scorsa estate dalla Bank of America, in cui si prendeva a modello un rapporto del 10% tra capitale e il totale degli asset, ipotizzava la necessità di reperire 13 miliardi di dollari da parte di Citigroup, quattro per Morgan Stanley e un miliardo per JP Morgan.
Intanto, l'Ufficio studi di Mediobanca ha calcolato che i crediti dubbi (sofferenze, incagli, ristrutturati e scaduti) delle banche italiane sono aumentati del 190% tra il 2005 e il 2012 e che ora rappresentano il 9,5% dei crediti totali e l'81% sul capitale netto.
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