L’economia spinge le Borse e scaccia lo spettro Cit

SPINA NEL FIANCO Obama: «L’attuale ritmo delle perdite di posti di lavoro è angosciante»

Guardare il bicchiere mezzo pieno della ripresa. Ignorare lo spettro del fallimento di Cit e i conti in rosso di Commerzbank. Perfino, prestare scarsa attenzione alle parole di Barack Obama sull’attuale ritmo «angosciante» con cui vengono distrutti i posti di lavoro. Reduci da un venerdì disastroso, in cui gli interrogativi sulla sostenibilità della recovery sono rimbalzati da una parte all’altra del pianeta, le Borse sono ieri risalite, anche se i postumi dello scivolone della scorsa settimana non sembrano esseri stati completamente riassorbiti.
I listini europei hanno infatti recuperato circa l’1% (a Milano il Ftse Mib ha guadagnato l’1,17%), con l’eccezione di Francoforte (+0,29%), indotta alla cautela dalla pessima trimestrale di Commerz (perdita di oltre un miliardo di euro tra luglio e settembre), su cui hanno pesato i costi di ristrutturazione di Dresdner Bank e le svalutazioni contabili. Wall Street si è mossa fin dall’apertura in rialzo, ma a un’ora dalla chiusura il Dow Jones mostrava un progresso limitato (+0,5%) mentre il Nasdaq cedeva lo 0,3%.
Insomma, almeno sul mercato americano, si è presto esaurita la spinta che aveva mosso in avanti le lancette dei listini grazie a due indicatori-chiave per l’economia. Il primo, è relativo all’attività manifatturiera (Ism), protagonista in ottobre del balzo più forte dal 2006 e per il terzo mese consecutivo oltre la linea dei 50 punti (55,7) che separa contrazione ed espansione industriale. Il dato non è irrilevante: il Pil del quarto trimestre potrebbe a questo punto segnare un +4,5% dopo lo sviluppo del 3,5% nel quarter precedente. Il miglioramento non è però solo a stelle e strisce: dopo 17 mesi, l’attività manifatturiera nell’euro zona ha riagguantato quota 50 in ottobre (49,2 in Italia, dai precedenti 47,6). A questo rasserenamento del quadro congiunturale corrisponderà oggi la revisione al rialzo delle stime di crescita dell’Europa a 27 da parte della Commissione Ue. La flessione dovrebbe essere inferiore al 4% previsto in precedenza, un ritocco che dovrebbe riguardare anche il -5% dell’Italia.
Il secondo elemento rassicurante è arrivato da uno dei settori più piegati dalla recessione Usa, ovvero quello edile. Le spese per costruzioni sono andate in settembre meglio del previsto (+0,8%). La crescita è legata a un ritorno della domanda, come conferma anche l’aumento dei compromessi in settembre (+6,1%) che continuano però a beneficiare delle agevolazione fiscali per l’acquisto della prima casa.
Le good news si fermano qui. D’altra parte, questi stessi segnali di ripresa potrebbero trasformarsi in un boomerang per i mercati se la Federal reserve, nella riunione di questa settimana, pur mantenendo i tassi azzerati, inizierà ad accennare alla possibilità di porre fine all’attuale politica monetaria estremamente accomodante.
Un altro fattore da non trascurare è il fallimento di Cit. E non solo perché si tratta della quinta maggiore bancarotta di sempre, ma soprattutto per le implicazioni sul commercio Usa. La banca, che ha chiesto e ottenuto la protezione dai creditori con il Chapter 11, ha una rete di circa 2mila agenzie da cui dipendono 300mila negozi. Cit è insomma il grande distributore da cui quasi il 60 per cento del commercio al dettaglio americano si rifornisce per le proprie esigenze di liquidità.

L’interrogativo è questo: chi finanzierà ora i commercianti, a neppure un mese dal Black Friday (27 novembre), la giornata dei forti sconti (soprattutto su elettronica e giocattoli) che segna l’avvio dello shopping natalizio?

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