L'alimentare italiano non conosce la crisi e vola al più 5 per cento di fatturato

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al fatturato dell'industria italiana nel gennaio 2013. Vino mattatore

Con un incremento record del 5,7 per cento l'alimentare è l'unico settore che aumenta il fatturato spinto dagli ottimi risultati ottenuti all'estero, in netta controtendenza rispetto all'andamento generale. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al fatturato dell'industria italiana nel gennaio 2013 che in generale diminuisce in termini tendenziali del 3,4 per cento, con una riduzione del 5,5 per cento sul mercato interno ed un aumento dell'1,2 per cento su quello estero. Tutti i settori ad eccezione dell'alimentare fanno infatti segnare - precisa Coldiretti - un calo dei fatturati che varia dal -17 per cento della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati al -5,7 per cento nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo fino al -3,2 per cento per tessili, abbigliamento, pelli e accessori e al -2,3 per nella fabbricazione di mezzi di trasporto.
A spingere il fatturato dell'alimentare italiano di fronte al calo dei consumi interni sono stati certamente i buoni risultati ottenuti all'estero con un balzo record del 21 per cento nel valore delle esportazioni l'agroalimentare Made in Italy che ha fatto segnare a gennaio un tasso di crescita più che doppio rispetto alla media nazionale (+8,7%) nel gennaio 2013 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un risultato che - precisa Coldiretti - conferma il trend del 2012 che ha fatto segnare il record di 31,8 miliardi di euro di fatturato all'estero. Il vino è il prodotto agroalimentare più esportato con un valore record di 4,7 miliardi di euro nel 2012 seguito dall'ortofrutta fresca, dalla pasta e dall'olio di oliva che sono i componenti base della dieta mediterranea riconosciuta in tutto il mondo per le sue qualità salutistiche. Ma il successo del cibo italiano è dovuto anche al fatto che è diventato sinonimo di qualità con la conquista del primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare per il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento) che sono risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità), secondo una elaborazione della Coldiretti sulle analisi condotte dall'Efsa, l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare.

Secondo i dati contenuti nel Rapporto - precisa la Coldiretti - il 98,4 per cento dei campioni europei esaminati presenta residui entro i limiti, con la percentuale che sale addirittura al 99,7 per cento nel caso dell'Italia che conquista il primato e scende al 92,1 per cento per la media dei Paesi extracomunitari.

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