L'attesa per Draghi paralizza le Borse

I mercati temono misure troppo morbide a causa della Bundesbank. Male Milano (-1,2%), con le banche a picco

Rodolfo PariettiSarà un nuovo «whatever it takes», oppure un annuncio flop sulla falsariga di quello del dicembre scorso? Sono i due interrogativi, sulle ormai prossime mosse della Bce, che fino a dopodomani imporranno prudenza ai mercati. Già la seduta di ieri ha chiarito che gli investitori si sono messi in posizione di attesa, con i realizzi che hanno spinto in giù i listini. La risalita del Brent oltre i 40 dollari ha permesso di contenere la proporzione dei ribassi, in particolare a Milano, arrivata a perdere il 2% prima della chiusura a -1,20%. Piazza Affari sconta, ancora una volta, le vendite che hanno colpito le banche (-2,81% l'indice di settore), vuoi per il complicato processo di aggregazione tra Bpm e Banco Popolare, vuoi per la delicata situazione di Carige, vuoi forse anche per le voci di un possibile bail in che potrebbe coinvolgere nelle prossime ore un altro istituto italiano.Ma le flessioni, seppur più contenute, delle altre piazze europee indicano come non vi siano certezze su cosa deciderà Mario Draghi fra un paio di giorni. Seppure un nulla di fatto non venga neppure messo in conto, l'Eurotower potrebbe anche deludere i mercati, il cui sogno è una sorta di pokerissimo che potrebbe essere calato sul tavolo per debellare i crescenti rischi di deflazione. Ovvero: oltre a un ulteriore taglio dei tassi sui depositi, un potenziamento del piano di quantitative easing, sia sotto il profilo della durata sia di quello dell'ammontare dei titoli da acquistare. L'allargamento del perimetro del Qe potrebbe essere l'occasione per includere nel basket anche le obbligazioni societarie, quelle bancarie e perfino le sofferenze. Difficile, però, che il sogno diventi realtà. Tra gli analisti, infatti, nessuno si spinge così in là nell'ipotizzare misure tanto estreme. Più prudentemente, le previsioni oscillano tra una sforbiciata dei tassi sui depositi di 10-20 punti base (rispetto al -0,30% attuale) e un aumento da 10 a 20 miliardi degli acquisti, ora pari a 60 miliardi al mese; qualcuno non esclude un allungamento di altri sei mesi del programma di acquisto titoli, fino al settembre 2017. L'impatto derivante da un ulteriore schiacciamento dei tassi in territorio negativo potrebbe essere attenuato concedendo esenzioni o un sistema «graduato» alle banche più piccole o quelle che più dipendono dal flusso di depositi. Infine, potrebbero partire nuove misure di liquidità a favore delle banche, come aste di lungo termine, mentre non viene considerata l'eliminazione della capital key, la quota nazionale nel capitale Bce come parametro per il volume di acquisti, che favorisce la Germania. La sensazione è che l'entità dei provvedimenti dipenderà in buona sostanza da come si sarà risolto il braccio di ferro che oppone Draghi al presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Con l'appoggio del ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, il capo della Buba ha più volte provato a minare le fondamenta del Qe 2.0. Facendo leva su una semplice considerazione: non ci sono rischi di deflazione, e l'outlook non è così nero come lo si dipinge. In pratica, non c'è bisogno di correre ai ripari. Per il nuovo sistema di rotazione, dopodomani Weidmann non voterà.

Ma di sicuro l'opera di moral suasion esercitata nelle ultime settimane ha allargato il blocco dei falchi, composto dagli alleati storici come Olanda ed Estonia, a Lituania e Slovacchia. Potendo anche contare sull'appoggio dell'ex rigorista Finlandia, Draghi sembra però avere ancora la maggioranza dalla propria parte. Resta da vedere fino a che punto vorrà andare allo scontro aperto con Weidmann.

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