«Da monopolista pubblico a operatore energetico internazionale». Il professor Valerio Castronovo, riassume in poche battute passato, presente e futuro di Enel. Una sintesi del suo libro «Il gioco delle parti, nazionalizzazione dell'energia elettrica italiana» (Rizzoli).
Professore, perché «Il gioco delle parti»?
«Perché sono almeno dieci gli attori nel processo di nazionalizzazione. E con parti diverse. Alla fine chi tirò le somme fu Guido Carli. Voglio ricordare, intanto, che quella operazione, diventata operativa il 6 dicembre 1962, coincise con una svolta politica in Italia: l'avvento del centro-sinistra. Fu una duplice svolta. Si trattò, infatti, della più incisiva riforma di struttura, come si diceva allora, ma anche di una condicio sine qua non della sinistra in cambio dell'astensione nel voto di fiducia al IV governo Fanfani. La svolta, com'è noto, fu sponsorizzata da Aldo Moro. Come dicevo, il gran regista dell'operazione Enel fu il governatore della Banca d'Italia Carli che voleva ricreare un sistema di equilibrio fra la mano pubblica e quella privata».
Erano gli anni della motorizzazione di massa, una vera e propria rivoluzione.
«Già, quella rivoluzione silenziosa che stava migliorando sensibilmente il nostro quotidiano. Erano gli anni della Seicento e di altre piccole utilitarie della flotta nazionale. Avevamo mutuato il comodo sistema rateale dagli Usa. E quindi anche se si trattò di un fenomeno meno appariscente di quello delle auto, nelle case degli italiani cominciarono a entrare frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie e altri elettrodomestici, sempre con il sistema delle comode rate. E per le nuove famiglie che si andavano formando gli alloggi più recenti erano già dotati sia di nuovi impianti di riscaldamento sia di scaldabagni».
L'Italia, però, viaggiava ancora a due velocità...
«Di fatto, l'elettrificazione integrale del territorio nazionale era l'ultimo tassello che ancora mancava per il completamento di un'effettiva unificazione dopo circa un secolo dalla nascita dello Stato italiano. La disponibilità di un adeguato volume di energia elettrica per il Mezzogiorno significava non solo condizioni di vita più decorose ma anche nuove prospettive di lavoro, con le nuove attività industriali e terziarie. Ci fu una sorta di riscatto da una situazione endemica di arretratezza economica e disagio sociale. Ovviamente l'elettrificazione non poteva colmare tutti gli altri divari del Sud rispetto alle regioni più avanzate del Nord e del Centro. Ma valse quantomeno a renderli meno stridenti e ad agire da fattore propulsivo sulla via della successiva modernizzazione».
Ci fu l'abbuffata di energia a basso costo...
«La possibilità di avvalersi di energia elettrica più abbondante e a minor costo - vorrei ricordare che all'Enel venne imposto di abbassare del 40% le tariffe praticate in passato dalle compagnie private - Ci fu un rovescio della medaglia. La nazionalizzazione ebbe risvolti finanziari molto pesanti.
«Posso dire che Enel per molti anni ha dovuto veleggiare in una situazione finanziaria molto difficile, perché la legge del 6 dicembre '62 le assegnava due compiti: costi minimi per la copertura nazionale e l'estensione, soprattutto al Sud, della rete di distribuzione elettrica dove, oltre due milioni di famiglie, non avevano la corrente elettrica o usufruivano di un servizio limitatissimo o a intermittenza.
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