Dimenticare il primo trimestre, quello della gelata sul Pil, quello che ha fatto temere un double dip, ovvero un nuovo scivolamento dell'Italia nelle paludi della recessione dopo una crisi interminabile costata alle imprese la perdita di un quarto della capacità produttiva. È invece proprio dal rilancio delle nostre aziende, dalla capacità di competere sui mercati internazionali che sarà possibile cominciare a mettere qualche tassello per ricomporre il puzzle della ripresa del Paese.
Intesa Sanpaolo, che insieme a Prometeia ha presentato ieri il «Rapporto analisi dei settori industriali», non sembra avere dubbi: già quest'anno, il fatturato dell'industria manifatturiera tornerà a crescere dell'1,5%, per poi migliorare il ritmo nel periodo 2015-18, quando l'aumento sarà del 2%. Tradotto in soldoni, si tratterà di un recupero complessivo nel quinquennio di 80 miliardi di euro, comunque non ancora sufficiente a colmare la voragine di 180 miliardi aperta dalla crisi. «Queste stime - spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa - si basano su una discesa dell'euro dai circa 1,37 dollari attuali agli 1,30 a fine anno. Uno scenario che tiene conto dell'accelerazione della crescita Usa, del rallentamento dei flussi d'investimento verso l'Europa e del taglio dei tassi che verrà deciso dalla Bce in giugno contestualmente all'annuncio sul programma di acquisto di Abs, che potrebbe partire subito dopo l'estate». Resta tuttavia da tenere in considerazione una variabile come lo spread, salito ieri a 192 punti, il massimo da inizio marzo, e il comportamento delle banche nella concessione di prestiti. L'andamento del primo trimestre, con un +20% di mutui erogati, fa ben sperare.
Le condizioni sembrano insomma ottimali per favorire soprattutto le imprese più orientate all'export, capaci di sviluppare i giusti anticorpi durante gli anni bui per ordini e fatturati. Afferma l'analisi: il manifatturiero è oggi sì ridimensionato rispetto al passato, ma ha subìto solo una limitata erosione della propria competitività, ha più occupati nelle grandi aziende e ha mantenuto «una significativa base produttiva formata da operai specializzati e artigiani». E una sua ripresa già si vede, seppure la trasmissione verso i settori a valle richiederà ancora tempo, grazie al traino di una domanda mondiale - anche targata Europa - destinata a crescere del 4,8%. A beneficiarne saranno subito soprattutto i produttori di beni intermedi (come chimica, e metallurgia) e quelli della meccanica e dell'auto, mentre nel medio termine la spinta arriverà anche ai beni di investimento e all'elettrotecnica. Il miglioramento finanziario non sarà tuttavia esaltante: il Roi, stimato nel 2013 al 3,4%, dovrebbe riportarsi poco sopra il 4%, con un recupero frenato dal clima deflattivo e dai tassi di cambio.
Non sarà però la sola domanda esterna a rivitalizzare l'attività delle imprese. Il rapporto conta anche sull'apporto, benchè ancora debole, dei consumi nazionali, per i quali si prospetta un'inversione della caduta. Anche per effetto del bonus da 80 euro che sarà perlopiù assorbito dalle coppie senza figli (il 60% del totale).
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