Economia

L'Istat taglia il pil e gela Renzi: crescita più bassa del previsto

Rivista al ribasso dello 0,1% la stima del pil. Ora Renzi aprirà "ufficialmente" la partita con Bruxelles sulla flessibilità. Ma rischia di perderla

L'Istat taglia il pil e gela Renzi: crescita più bassa del previsto

Si gioca tutto sullo zero virgola. E proprio a questi decimali è appeso il futuro del nostro Paese. Sebbene Matteo Renzi continui a sbandierare ottimismo, i dati economici nazionali dicono l'esatto contrario. Nel bollettino presentato oggi l'Istat ha, infatti, rivisto al ribasso le stime del pil che nel 2015 è cresciuto dello 0,7% e non dello 0,8% come precedentemente previsto a marzo. Per il premier è l'ennesima doccia ghiacciata perché la mancata crescita dello 0,1% si traduce inevitabilmente in buchi da riempire con l'immimente manovra economica.

L'istituto di statistica ha rivisto nel complesso i dati del pil degli ultimi anni riducendo, contrariamente a quanto ipotizzato dal ministero dell'Economia, la stima per il 2015 da +0,8 a +0,7 per cento. Nel 2015 il pil ai prezzi di mercato è risultato pari a 1.642.444 milioni di euro correnti, con una revisione al rialzo di 6.072 milioni rispetto alla stima precedente. Se il pil fosse salito, sarebbe stato molto più facile scrivere la manovra economica. La base di calcolo sarebbe stata, infatti, più alta. Non basta, infatti, che il livello del pil del 2014 sia risultato più alto di 8.497milioni di euro. "Ma la stoccata più velenosa dell’Istat è un dato molto tecnico. Il saldo primario nel 2015 è stato dell’1,5%", fa notare Dagospia spiegando che "la differenza fra entrate e spese dello scorso anno è stato esattamente pari alla metà di quanto l’Italia avrebbe dovuto fare per rispettare il fiscal compact".

Non è il primo dato economico che va di traverso a Renzi. Nelle ultime settimane le stime negative si stanno inanellando una in fila all'altra. Solo nei giorni scorsi, infatti, l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni aveva registrato una diminuzione dello 0,4% congiunturale, che segue l'aumento dell'1,2% registrato il mese precedente. Al governo non resta ora che mettere nero su bianco il peggioramento del quadro macroeconomico e aprire "ufficialmente" la partita con Bruxelles sulla flessibilità per il 2017 (di fatto già avviata da tempo) da cui dipenderà l'entità della manovra che dovrebbe attestarsi tra i 25 e i 30 miliardi. Il negoziato con la Ue appare da subito in salita considerando che le distanze tra le richieste italiane e le posizioni comunitarie restano ampie, come è emerso chiaramente anche al vertice di Bratislava.

La Nota di aggiornamento al Def, alla fine, sarà presentata a ridosso del termine del 27 e non più questa prossima settimana come annunciato dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan nei giorni scorsi. Al Mef hanno preferito attendere prima i dati dell'Istat sui conti nazionali 2015 definitivi.

Il 26 è già fissata una riunione del Consiglio dei ministri che dovrà stabilire la data del referendum costituzionale ma non è ancora chiaro se quella sarà l'occasione per presentare anche l'aggiornamento delle stime macroeconomiche o alla fine si aspetterà l'ultimo giorno utile, appunto il 27.

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