Erede di un secolo di storia e ormai presente in ottanta Paesi, la Magnum Ice Cream Company ha debuttato ieri in Borsa ad Amsterdam, Londra e New York come la più grande azienda indipendente del settore. L'esordio del titolo dei famosi stecchi gelato è avvenuto a 12,2 euro per azione, poco sotto il prezzo di riferimento fissato a 12,8 euro, per una capitalizzazione di 7,8 miliardi. A fine seduta è stato registrato un rialzo dell'1,3% a 12,97 euro, segnale che il mercato ha iniziato ad assorbire l'impatto dell'uscita dei fondi indicizzati dopo lo spinoff da Unilever, che invece ha perso l'1,8% a 47,73 euro.
La separazione era stata annunciata oltre un anno fa e rientra nel piano di ristrutturazione del gruppo anglo-olandese, che punta a diventare "un'azienda più semplice e più focalizzata". Unilever, che continuerà a detenere il 19,9% del capitale, sostiene che la divisione gelati - 7,9 miliardi di fatturato nel 2023 - possa rendere di più da sola. È un'ipotesi che il nuovo management dovrà dimostrare in un contesto in cui i consumatori si orientano verso cibi a minor contenuto di zuccheri. "La sensazione è che le persone si stiano concentrando su stili di vita più salutari", ha osservato Jack Martin di Oberon Investments, ricordando che i farmaci dimagranti Glp-1 stanno già modificando i comportamenti d'acquisto.
Il Ceo Peter ter Kulve, brandendo al debutto una maxi-replica del celebre stecco, ha assicurato che l'azienda sarà "più agile, più concentrata e più ambiziosa che mai" ora che è autonoma. E la nuova fase, ha aggiunto, servirà a "creare nuove occasioni", perché "la vita ha un sapore migliore con il gelato". Ma il mercato, al di là dell'entusiasmo, resta cauto: l'assenza di dividendi nel 2026, i costi di separazione e l'esclusione iniziale dagli indici pesano sulle valutazioni, mentre gli analisti ricordano che Magnum eredita, oltre ad Algida, anche dossier sensibili come il rapporto teso con Ben & Jerry's. Un ulteriore banco di prova riguarda la concorrenza: Froneri, partecipata da Pai Partners e Nestlé, è stata valutata 15 miliardi solo pochi mesi fa.
Un divario che, secondo diversi analisti, riflette uno sconto significativo sulle prospettive di Magnum, ma che potrebbe trasformarsi in un vantaggio se il gruppo saprà convincere la comunità finanziaria della solidità del suo posizionamento globale.