Il maltempo penalizza l'utile. L'ad: «Ora il peggio è passato»

Il maltempo penalizza l'utile. L'ad: «Ora il peggio è passato»

Frenata inattesa per Campari, multinazionale tricolore, tra le società emblema del made in Italy e tra i pochi gruppi italiani vincenti sul fronte delle acquisizioni all'estero (alla società fanno campo persino brand simbolo di altri Paesi come l'Ouzo greco o il whisky scozzese Glen Grant).

Tra gennaio e settembre il gruppo guidato da Bob Kunze-Concewitz ha visto calare gli utili prima delle imposte del 21,8% rispetto allo stesso periodo del 2013.

Gli utili pre-tasse si sono attestati a 116,9 milioni mentre il consenso degli analisti se ne attendeva 144. Colpa, come spiegano dalla società, delle operazioni straordinarie (i cosiddetti one off ) che hanno penalizzato l'anno in corso per 33,4 milioni e, più in dettaglio, delle ristrutturazioni portate avanti su tre fronti (Averna, brand acquisito recentemente, sugli asset non strategici giamaicani e sull'attività del vino fermo) per 11,7 milioni; dei 16,1 milioni di ammortamenti nel settore del vino fermo e delle spese di consulenza per 5,6 milioni. Il verdetto del mercato è stato impietoso: il titolo ha chiuso a 5,29 euro (-5,2 per cento).

Dati poco entusiasmanti anche a livello di marginalità e di fatturato. L'utile operativo si è attestato a 193,7 milioni (-2,5%), l'ebitda a 222,7 (-2,8%) e i ricavi a 1,065 miliardi (+0,8%). Il debito netto infine è salito a settembre a 1,035 miliardi dagli 852,8 milioni di dicembre, anche a causa delle ultime acquisizioni (Forty Creek Distillery e Averna). A penalizzare il bilancio del gruppo che ha portato lo spritz nel mondo ha concorso la pioggia che ha imperversato nel Vecchio Continente tra giugno e settembre scoraggiando proprio gli «happy hours» (Campari e Aperol hanno registrato un calo delle vendite rispettivamente del 2,6% e del 6,2%), il declino di mercati a alta profittabilità come la Germania (il Paese, che rappresenta il 10,4% del fatturato della società, ha registrato nel trimestre un rallentamento delle vendite del 5,2%), oltre al sempre delicato fronte valute (nelle sole Americhe, che rappresentano il 39,4% dei ricavi del gruppo, l'impatto dei cambi sul fatturato dei nove mesi è stato pari a un-9,3%).

Nonostante tutto comunque Bob Kunze-Concewitz guarda al futuro con ottimismo grazie al «contesto più favorevole per i costi delle materie prime, al venir meno della

temporanea sovrapposizione di costi di produzione che hanno negativamente impattato sul 2014, ai ritorni attesi dai progetti di ristrutturazione e agli investimenti nel rafforzamento delle capacità distributive del gruppo».

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