Marchionne: «Nessuna chiusura in Italia»

Confindustria e Fiat tornano a scambiarsi accuse, proprio nel giorno che ha visto Sergio Marchionne lanciare ai sindacati segnali rassicuranti sugli impianti produttivi Fiat in Italia: «Non chiudo stabilimenti - ha detto, rivolto ai leader di Cisl-Fim, Uil-Uilm e Fismic - e non si prevedono esuberi», rimandando a dopo il cda del 30 ottobre le delucidazioni sul piano industriale adattato al crollo delle vendite di auto. E se i sindacati sono usciti dal vertice romano con un po' più di tranquillità, di tutt'altro tenore è l'interpretazione che Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha dato alle affermazioni del top manager del Lingotto. «In questo momento - ha sbottato Squinzi - ci sono molti annunci; preferirei meno annunci e più cose concrete. Non dimentichiamo che Marchionne aveva annunciato 20 miliardi per il piano “Fabbrica italia” di cui si è persa traccia». Il numero uno di Viale dell'Astronomia non ha risparmiato stilettate nemmeno al premier Monti (sponsorizzato da Marchionne). «Non ci sono provvedimenti incisivi per la ripartenza, in particolare per quanto riguarda ricerca, innovazione e infrastrutture», ha detto criticando l'esecutivo e invitandolo «a completare la spending review, la legge di stabilità e la minirevisione del titolo V». Piccata la replica di Marchionne, attraverso un portavoce: «Ci stupisce che a Squinzi sia sfuggito che dall'aprile del 2010, quando Fiat aveva annunciato i 20 miliardi di investimenti, la situazione economica europea sia profondamente peggiorata. Forse le sue industrie non ne hanno risentito, ma tutte le altre attività certamente sì. La polemica fine a se stessa non c'interessa. Non dovrebbe interessare neanche al presidente di Confindustria».
Fin qui il battibecco Squinzi-Marchionne che potrebbe, a questo punto, riaprire il conflitto tra Viale dell'Astronomia e Lingotto, dopo l'uscita polemica di quest'ultimo dall'associazione. Marchionne, comunque, a detta di chi ha partecipato all'incontro, è apparso nervoso e allo stesso tempo molto determinatole a dimostrare come il gruppo tenga a cuore l'Italia. Nervoso perché toccato dalle recenti polemiche innescate da alcune sue dichiarazioni su Firenze e il sindaco, candidato alle primarie Pd, Matteo Renzi; nonché per il fatto di essere oggetto di attacchi da parte di Diego Della Valle (in realtà il patron di Tod's la guerra l'ha dichiarata all'azionista di Fiat, John Elkann per intenderci). Determinato, invece, per smentire chi vede il Lingotto sempre meno tricolore e sempre più a stelle e strisce, e continua a gettare benzina sul fuoco. «Marchionne - afferma il partecipante all'incontro - ha ricordato la situazione drammatica del mercato europeo dell'auto (-18,5% il gruppo italiano il mese scorso e -11% il dato complessivo) e, in proposito, ha sottolineato che mentre gli altri costruttori chiudono impianti, Fiat non la ha fatto, salvo Termini Imerese, il cui annuncio era arrivato comunque con largo anticipo».
Sui nuovi modelli, poi, l'ad di Fiat ha riferito di averli pronti, aggiunge la fonte, «ma che prima di lanciarli, deve attendere segnali di svolta del mercato e indicazioni concrete sulla ripresa economica». Il 30 se ne saprà di più, inclusi gli investimenti rimodulati alla luce della crisi.
«C'è una revisione del piano industriale sulla base del mercato che è cambiato» con cui «saranno assicurati modelli e continuità produttiva per i quattro siti dell'auto», il commento all'unisono dei sindacati.

Sull'Aventino è Giovanni Centrella (Ugl), non invitato alla riunione, «nonostante abbiamo firmato gli accordi Fiat», afferma il leader. «E pensare - aggiunge - che senza di noi i referendum di Pomigliano e Mirafiori non sarebbero passati». Una frattura pericolosa per Marchionne.

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