Mediolanum dice "addio" al Biscione

Ennio Doris svela il cambio del brand. "Mediobanca? Resterà uno zoccolo di soci". E in platea spunta Davide Serra

Mediolanum dice "addio" al Biscione

PesaroRestyling completato per Banca Mediolanum. Dopo il passaggio del testimone nell'estate del 2008 tra il fondatore Ennio Doris e il figlio Massimo, divenuto poi anche protagonista delle campagne pubblicitarie della «banca costruita intorno a te», Mediolanum mette mano al marchio.

Il cerchio azzurro, simbolo del gruppo grazie ad un efficace marketing, si apre per ospitare al suo interno una “m“ minuscola, mandando in soffitta il logo del Biscione che caratterizzava l'istituto. Una rivoluzione grafica annunciata dallo stesso fondatore e dall'amministratore delegato Massimo Doris, assieme a tutta la prima linea manageriale, con un evento in grande stile all'Adriatic Arena di Pesaro: platea composta da 4.500 family banker provenienti da tutta Italia per la convention annuale, oltre che da una serie di prestigiosi ospiti. Tra i quali Alessandro Benetton e Oscar Farinetti, che dovrebbe introdurre la giornata di oggi. Presente anche Davide Serra, l'amico del premier Matteo Renzi e patron del fondo Algebris, recentemente al centro di polemiche per gli investimenti nelle banche popolari. La cui presenza potrebbe essere spiegata meglio con gli annunci di oggi.

Tra le partite che Mediolanum si troverà a giocare con un ruolo da protagonista nel prossimo futuro, non manca quella che, almeno per Piazza Affari, è il match per eccellenza: Mediobanca, partecipata dal gruppo finanziario con il 3,83 per cento. A fronte delle indiscrezioni di mercato diffuse negli ultimi giorni sul possibile scioglimento del patto a settembre, Doris ha affermato: «Non ho avuto colloqui con nessun altro partecipante del patto». L'imprenditore tuttavia, dopo aver lodato la capacità del management di Mediobanca di guidare il cambiamento avvenuto negli ultimi anni, ha sottolineato la strategicità dell'investimento nella prima banca d'affari tricolore e, per quanto riguarda più direttamente il patto, si è detto convinto che comunque «uno zoccolo duro resterà». Doris, infine, si è detto aperto alla possibile cessione della partecipazione in Banca Esperia, joint venture paritetica tra Mediolanum e Mediobanca specializzata nel private banking, se dovesse arrivare un'offerta ricca.

La convention di Pesaro è servita anche per presentare le molte novità di prodotto, in particolare quelle tecnologiche (dalla app con comandi vocali alla revisione della piattaforma MyFreedom). A colpire l'immaginario collettivo è stato comunque soprattutto il restyling che parte dal brand e si estenderà alla rete di family office del gruppo Mediolanum (i primi tre progetti pilota saranno lanciati entro giugno). «Nulla è più come prima», ha detto più volte lo stesso fondatore aprendo i lavori armato di martello. «Il vecchio logo, che porteremo sempre nel cuore era poco leggibile, mentre il cerchio è ormai per tutti simbolo di Banca Mediolanum, un cerchio che simboleggia la volontà di mettere al centro il cliente e di volerlo difendere dai rischi insiti nel mercato. Un cerchio quindi che è anche un bastione di difesa», ha spiegato Ennio Doris.

L'imprenditore ha ripercorso le fasi salienti della costituzione della società, nata nel 1982 come Programma Italia con Fininvest, poi riorganizzata in Mediolanum e quotata in Borsa. E proprio per quanto riguarda Silvio Berlusconi, a cui Bankitalia ha imposto la discesa sotto al 10% del capitale (oltre il 20% in meno rispetto alla quota detenuta attualmente), il manager si è augurato che il leader di Forza Italia rimanga azionista di Mediolanum. «Gli ho consigliato di non vendere, se può, perché secondo me è un investimento che darà soddisfazioni anche in futuro». Sulla questione è attesa la pronuncia da parte del Tar il prossimo 22 aprile.

Frattanto resta aperto il contenzioso con il fisco. Nel mirino ci sono i rapporti tra le controllate italiane del gruppo e quelle irlandesi.

Da quanto emerge dal bilancio, a causa di nuove contestazioni, secondo il fisco l'imponibile non dichiarato dal gruppo salirebbe a 923 milioni. A fronte del quale viene chiesto il pagamento di 506 milioni tra imposte non versate e sanzioni. Gli accantonamenti salgono da 53,3 a 94,1 milioni.

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