Mega-borsa, Londra si ribella a Bruxelles

Nozze con Francoforte verso il fallimento. Lse: «Non cediamo l'italiano Mts»

Il London Stock Exchange e la Deutsche Borse ricordano un po' le convergenze parallele di Aldo Moro. È da quasi 20 anni che i due gruppi cercano di unirsi, ma poi qualcosa va sempre storto. E le nozze non si fanno. Storia già successa nel 2000 e 2005, e che ora rischia di ripetersi. A mettere i bastoni tra le ruote alla fusione da 23mila miliardi di euro che darebbe vita a un modello borsistico dalla taglia extra-large (per intenderci, tipo quello americano formato da Chicago Mercantile Exchange e Intercontinental Exchange), è questa volta l'Antitrust europeo che teme si possano creare condizioni di semi-monopolio. Con l'italianissimo Mercato telematico secondario, la piattaforma della nostra Borsa dove si scambiano i titoli di Stato europei, preso in mezzo. Per dare il via libera all'operazione, l'Authority della concorrenza ha infatti posto una precisa condizione: la cessione da parte del Lse di Mts (di cui controllano il 60% attraverso Bosa Italiana), allo scopo di rafforzare i francesi di Euronext. Vincolo che gli inglesi non intendono rispettare, ritenendo «altamente improbabile» di poter soddisfare la richiesta di Bruxelles non volendo privarsi di un'attività considerata strategica. Senza qualche soluzione di compromesso, il merger è in serio pericolo.

Nelle intenzioni di Londra e Francoforte la strada verso il matrimonio doveva invece essere quasi in discesa. All'inizio di febbraio, entrambe avevano proposto di vendere a Euronext la camera di compensazione Lch Clearnet in cambio del disco verde alla fusione. Niente da fare, troppo poco per rimuovere i tanti interrogativi legati all'intesa. Perplessità che riguardano la posizione pressoché dominante che il nuovo colosso avrebbe sul mercato delle opzioni e dei contratti a termine sulle azioni; e per le azioni tedesche, nascerebbe una società che controlla due delle piattaforme più grandi di negoziazione in Borsa. Secondo Deutsche Borse, entro la fine di marzo l'Antitrust si pronuncerà sul dossier aperto lo scorso settembre.

Di fronte alla piega che sta prendendo la vicenda, la Commissione

europea ha, per ora, assunto una posizione defilata: «Non abbiamo commenti da fare su inchieste Antitrust in corso», ha detto il portavoce. Forse perché, dopo la Brexit, con Londra è meglio andarci coi piedi di piombo.

RPar

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