Mercati e risparmiatori tornano a mettere i piedi per terra

Dal lusso all'intelligenza artificiale: dopo una corsa a perdifiato è in atto un salutare assestamento

Mercati e risparmiatori tornano a mettere i piedi per terra
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Improvvisamente, negli ultimi giorni i mercati finanziari statunitensi ed europei, hanno invertito le rotte e sono tornati a fare il loro mestiere: anticipare i rallentamenti che possono debordare in recessione. Dopo almeno cinque trimestri di crescita esponenziale, con tutti gli indici a superare ogni precedente livello, ecco accorgersi che l'economia europea, e in misura minore anche quella Usa, sono entrate in una fase di stabilizzazione che però guarda al ribasso. A favorire questa ipotesi negativa ci sono: sei bimestri di produzioni industriali europee con il segno meno; la fiducia delle imprese, ma anche dei consumatori, costantemente sotto il livello 50; il più grande mercato di sbocco delle merci occidentali, quello cinese, che continua a rimanere ben sotto i suoi bisogni di crescita.

L'insieme dei fattori esogeni ed endogeni prima richiamati, associato al permanere della forte instabilità geopolitica, hanno fatto riaprire gli occhi agli analisti, molti dei quali hanno iniziato ad essere perplessi sui risultati del secondo trimestre, magari di poco inferiori alle previsioni, ma con guidance in rallentamento quanto basta per buttar giù la maggioranza dei titoli azionari. Così sta succedendo un po' per tutti i settori, dal lusso - con le regine transalpine Lvmh e soprattutto Hermes che nonostante abbiano superato, di poco, le attese delle semestrali, hanno presentato una guidance che prevede un periodo di bassa crescita - ai tecnologici statunitensi, seguiti dai pochi europei, che sono finiti sulle montagne russe a causa dell'ipotesi di un raffreddamento della febbre per l'intelligenza artificiale, nonostante nel secondo quarter non siano emersi concreti segnali in questa direzione.

L'attenzione degli operatori in Piazza Affari è poi concentrata sulle banche: dopo il test con i conti semestrali di Unicredit, tra martedì 30 luglio e la prima decade di agosto sarà la volta degli altri big creditizi italiani svelare i conti: da Intesa Sanpaolo a Banco Bpm e a Bper. In quell'occasione si capirà quale sorte riserveranno gli analisti ai loro risultati, tutti attesi in linea con le previsioni e forse anche migliori.

Essere comunque arrivati a un sano realismo, che evita di far credere a qualunque investitore «fai-da-te» che ci si possa arricchire facilmente investendo sull'onda emotiva di miracoli finanziari, serve a evitare capitomboli. La cui origine può risalire alla inconsistenza patrimoniale di chi si espone. Oltre ai mercati finanziari sarebbe opportuno che tutti i governi, soprattutto gli europei (compreso quello comunitario), indirizzassero i loro programmi, e le indispensabili loro vision sulla realtà di dati e indicatori non certo entusiasmanti.

Tra questi, quelli italiani riguardano il basso reddito procapite del lavoro dipendente, i cui versamenti tributari e previdenziali reggono i costi dello stato. Mentre i lavoratori autonomi, pur gravati da un rischio infinitamente superiore, sono ancora sovente indirizzati a dichiarare redditi bassi. Ma a preoccupare devono essere anche i ritardi di modernizzazione delle imprese, le loro dimensioni e capitalizzazioni e una capacità di investire ridotta, dovendo sovente far ricorso, in misura troppo elevata, all'indebitamento bancario.

Ottimo che il governo Meloni abbia approvato il piano transizione 5.

0, stanziando oltre 6 miliardi per l'anno in corso e il prossimo, da erogare a imprese di ogni tipo e dimensione, privilegiando in primis i beni strumentali, seguiti da quelli per autoproduzione e autoconsumo di energia e infine da quelli per la formazione, che però andrebbero senz'altro aumentati.

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