Prima Luca di Montezemolo, neo numero uno di Alitalia, ed ex presidente di Ferrari; quindi il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Obiettivo degli affondi di entrambi, i vertici di Fca, John Elkann e Sergio Marchionne. E se Montezemolo ha cominciato a tirar fuori dalle scarpe i primi sassolini dopo la brusca chiusura dei rapporti con il Lingotto (e la famiglia Agnelli), la Orlandi ha rimesso il dito nella piaga a proposito della scelta torinese di spostare le sedi legale e fiscale all'estero.
Duro il commento della Orlandi: «La Mercedes non avrebbe mai scelto di lasciare la Germania, come ha invece fatto la Fiat; c'è libertà di spostare la propria sede dove si ha l'attività, ma ci sono vari segnali da parte delle imprese che avevano scelto una sede fiscale estera di rientro in Italia». Il riferimento è al Gruppo Prada «e ad altri che stanno valutando di ritornare; ci vorrebbe un po' di orgoglio di appartenenza al Paese». «In Germania - ha aggiunto - ci sono le aliquote come quelle italiane eppure non credo che nessuno abbia immaginato che la Mercedes possa andare via da Stoccarda».
Montezemolo, dal canto suo, ha colto l'occasione dell'incontro sulla candidatura italiana ai Giochi olimpici del 2024 per lanciare qualche frecciatina agli ex amici di avventura (Fiat). Il primo messaggio sembra essere indirizzato al suo successore alla presidenza del Cavallino, Sergio Marchionne, impegnato a rinnovare il team di Formula 1. Rivolgendosi al premier Matteo Renzi, sempre a proposito delle future Olimpiadi, Montezemolo ha parlato dell'Italia «dall'alto dei miei 19 campionati del mondo vinti», ovviamente con la Ferrari. Entrando più nel dettaglio sul nuovo corso della Casa di Maranello, l'ex presidente, nel confermare il suo affetto («faccio sempre il tifo»), ha osservato che «forse è finita un'epoca anche per la Ferrari» e che «ora se ne apre un'altra che mi sembra decisamente più finanziaria».
Per l'ex numero uno della «Rossa» potrebbe ora esserci il rischio che l'azienda, sotto la guida di Marchionne, guardi più alle esigenze finanziarie (quotazione, maxi-cedola a Fiat Chrysler Automobiles) rispetto al prodotto. Toccherà all'attuale presidente rispondere con i fatti, a partire soprattutto dal prossimo Mondiale di Formula 1. Lo stesso Marchionne, comunque, continua a dedicare molto tempo al Cavallino rampante (anche ieri era al lavoro a Maranello). E anche in questa occasione, come aveva fatto all'epoca del suo insediamento al vertice di Chrysler, ad Auburn Hills, non ha voluto occupare l'ufficio del suo predecessore. Nella palazzina direzionale della Ferrari, Marchionne si è così insediato in un altro ufficio allo stesso piano di quello prima occupato da Montezemolo.
Intanto, proprio grazie alla Ferrari, il titolo Fca ieri ha rialzato la testa in Piazza Affari, spinto da nuove valutazioni sul suo «gioiello» di Maranello. Alla chiusura di una seduta da dimenticare per il resto del listino (Ftse Mib -2,81%), il titolo Fca è risultato tra i pochi (insieme a Cnh Industrial: +0,24%) a chiudere in rialzo (+0,55% a 9,12 euro), seppur lontano dai massimi della giornata. A favorire il rimbalzo delle azioni del gruppo automobilistico è stato un report di Exane Bnp Paribas che, in vista della quotazione l'anno prossimo, valuta Ferrari (o meglio l' enterprise value , vale a dire la capitalizzazione di Borsa più l'indebitamento netto) tra i 6 e i 10 miliardi di euro con uno «scenario di base» di 7,5 miliardi.
Per gli analisti, Maranello è una società del lusso per diversi aspetti (marchio esclusivo, crescita dei ricavi, margine operativo lordo), ma non per altri: è difficilmente scalabile e vanta un'alta intensità di capitale (investimenti in capitale e in ricerca e sviluppo più che doppi rispetto ai gruppi del
lusso). In ogni caso il giudizio basta ad alzare la pagella di Fca a «neutral» (da «underperform») e il prezzo obiettivo a 10,1 euro (da 8,1). Il gruppo viene promosso anche da Banca Imi ( target price da 11,4 a 12 euro).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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