Più che un cambio di nome, sembra un segnale, un presagio: Meridiana recupera l'antica denominazione di Alisarda con cui decollò esattamente cinquant'anni fa. Il momento è di crisi profonda e prefallimentare: la compagnia continua a volare in perdita, l'Aga Khan - azionista al 100% attraverso il suo fondo Akfed - ha già versato nelle casse della società 350 milioni negli ultimi anni, gli esuberi sono quantificati in 1.634 persone, l'ad Roberto Scaramella è stato sostituito, solo pochi giorni fa dall'irlandese Richard W. Creag, che ha fama di «tagliatore» inflessibile.
Il ritorno - annunciato ieri - al vecchio nome Alisarda, sebbene riguardi la holding e non il marchio che contraddistingue gli aerei (che resta Meridiana), appare proprio un ritorno al passato. Alisarda nacque infatti a Olbia nel 1964, su iniziativa dell'Aga Khan, che voleva collegare a Roma i suoi investimenti in Costa Smeralda. Erano anni in cui il trasporto aereo viveva in regime di monopolio; Alisarda riuscì a ottenere le concessioni relative alla Sardegna senza infastidire Alitalia, con la quale concordò precisi confini di mercato. L'allargamento delle attività arrivò soltanto nel 1981, dopo il disastro aereo al largo di Ustica, quando Alisarda acquisì diritti e personale di Itavia, la compagnia «concessionaria» per i collegamenti con la Sicilia.
Alisarda diventò Meridiana nel 1991, quando aprì la base di Firenze (sempre in sintonia con Alitalia); da qui crebbe anche su rotte diverse da quelle sarde, che rimanevano comunque il suo «core business». Per quarant'anni l'attività andò avanti senza scossoni, grazie anche al contesto non competitivo, e fino al 2007 (con la sola eccezione del 2004) il bilancio fu sempre attivo (ma senza mai distribuire dividendi).
La svolta (o, meglio, l'errore) arrivò nel 2007 con l'acquisto di Eurofly, compagnia charter basata a Malpensa, alla quale seguì nel 2011 l'integrazione di un'altra charter, Air Italy. Meridiana, compagnia di linea, tradizionale, diventò un ibrido, con due mestieri diversi e serie difficoltà nel razionalizzare l'organizzazione. Morale: le perdite sono entrate in una spirale che le ha portate a toccare il record di 190 milioni nel 2012, scese a 85 nel 2013, su circa 500 di fatturato.
Non è ancora noto nei dettagli il piano che il «tagliatore» Creag sta predisponendo, ma, in assenza di nuovi apporti di capitale, è difficile che la compagnia possa sopravvivere.
Il ritorno del nome Alisarda fa pensare a un disegno che già qualcuno immagina: l'abbandono del lungo raggio, la chiusura delle tratte extra-Sardegna, che appesantiscono l'organizzazione aziendale, e la rifocalizzazione proprio sul mercato sardo, da collegare, con aerei più piccoli e con efficienza imbattibile, con la penisola e con l'Europa. Insomma, una nuova Alisarda: quel ponte verso l'Italia per cui era nata e che poi aveva finito per tradire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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