Il modello Banco Bpm convince la Borsa (+6%)

Sorprendono utili e conti correnti. Ecco le sfide di Castagna, dal 23 luglio l'unione software

Massimo Restelli

Nel pieno della bufera innescata dal caso Boschi-Etruria, Piazza Affari riscopre Banco Bpm all'indomani dei conti trimestrali: +6,16% a 2,79 euro il titolo del gruppo nato dall'unico matrimonio frutto della discussa riforma Renzi.

Gli analisti (da Merrill Lynch a Citi, da Socgen a Equita) si soffermano sui risultati oltre le attese (l'utile a fine marzo è stato di 117 milioni contro un consensus di 62), sul balzo delle commissioni, sull'asset management. Tecnicismi a parte, però, il sapore di fondo è un altro: il modello Banco Bpm sta funzionando.

Il prossimo grande salto organizzativo nel cantiere dell'aggregazione è in agenda il 23 luglio, quando tutti i 24mila addetti passeranno a un unico sistema informatico, quello dell'ex Banco Popolare. A quel punto sarà come aver collegato tutti i «muscoli» (filiali) e gli organi (gli uffici di back office) agli stessi vasi sanguigni. Ma già oggi la testa del Banco Bpm sembra ragionare come una cosa sola, perlomeno nella prima linea dirigenziale (il cosiddetto livello «L1»). In caso contrario - sottolinea al Giornale un consigliere di lunga esperienza del gruppo - non sarebbe spiegabile la spinta commerciale ottenuta nel primo trimestre, quando sono stati aperti 28mila nuovi conti correnti. Una sintonia questa ottenuta - pur con le inevitabili delusioni personali che ci sono in sede di fusioni - dal bilanciamento del potere al vertice, dove sotto all'ad, il «milanese» Giuseppe Castagna e al «veronese» Massimo Faroni (direttore generale) si alternano manager di entrambe le spose. Assetto che forse è uno maggiori tributi al gruppo dall'ex ad del Banco, Pier Francesco Saviotti, che ha fatto un passo indietro all'atto della fusione andando a presiedere il comitato esecutivo.

Il motore del gruppo sta prendendo velocità ma, come ha rimarcato con spirito concreto lo stesso Castagna al cda che ha approvato la trimestrale, le difficoltà da superare sono ancora molte. Dal taglio delle filiali troppo vicine tra loro per sopravvivere a quello, ancora più complicato, della bancassurance, dove si sovrappongono gli accordi con Unipolsai e Covea.

Chi non voleva la fusione era la vecchia guardia di Bpm, a partire dai soci pensionati, che si sono opposti anche in assemblea. Giovedì quella che può essere letta come una «rivincita»: il cda ha limitato il rimborso ai soci dissenzienti delle azioni oggetto di recesso (65,2 milioni di titoli) a 14,5 milioni contro un totale di 205,6 milioni. Ora resta da capire che cosa sarà della riforma Renzi, finita sul tavolo della Corte costituzionale.

Il caso Banco Bpm diventa però - insieme allo sprint dei conti di Unicredit dopo la cura Mustier e a

Intesa Sanpaolo di Carlo Messina - un messaggio indirizzato all'Europa. A una vigilanza Ue sempre più occhiuta sul credito nazionale, e dal cui assenso dipende il salvataggio di Mps, di Veneto Banca e di Popolare Vicenza.

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