Il Nobel ai «gemelli diversi» dell'economia

In comune hanno solo la maniacale osservazione del comportamento dei mercati finanziari. Per il resto, Eugene Fama e Robert Shiller, premiati ieri con il Nobel per l'Economia insieme al meno conosciuto Lars Peter Hansen, non potrebbero essere meno simili. Yin e Yang, uno che dice bianco e l'altro che dice nero. Forse mai nemici, ma di sicuro separati dalle idee maturate compulsando grafici e confutando teorie nei lunghi anni di studio. Gli opposti che si attraggono senza mai toccarsi. Gemelli diversi.
Prendete per esempio il 72enne Fama, professore di Finanza all'Università di Chicago, un nome e un destino costruito sull'assunto che il mercato trova sempre dentro di sé gli anticorpi per reagire agli choc. È a lui che si deve la teoria del mercato efficiente. Chi forse l'ha ascoltato in anni recenti, quelli della crisi ad libitum che ha posto seri dubbi sulle capacità di autoregolazione delle Borse, è probabilmente rimasto scottato. Eppure, Fama è rimasto fedele alle proprie idee. Senza mai rinnegarle, le ha anzi difese a spada tratta: anche a costo di rovesciare l'idem sentire di Main Street, quello della gente comune. In una recente intervista a un quotidiano Usa, ha spiegato che i mercati finanziari sono le «vittime» della recessione, e «non la causa». Un punto di vista, senza dubbio, originale.
Ed è proprio sulla sponda opposta che si colloca Bob Shiller, classe 1946, docente a Yale. È l'uomo che ha costruito le fondamenta delle proprie fortune accademiche (e non solo) demolendo le ipotesi sull'efficienza dei mercati. In pratica, ha preso Fama a picconate. Creando inoltre il Cape ratio, cioè un indicatore che mette in relazione il ciclo economico e i price earning su una media a 10 anni, Shiller ha voluto mettere tutti in guardia dalla depressione o dall'euforia di breve termine.

Ma, soprattutto, è nel libro del 2000 «Irrational Exuberance», che scatta il suo j'accuse contro le bolle speculative, cioè una di quelle aberrazioni verso cui il mondo della finanza difficilmente trova da solo le necessarie contromisure. Per poi prevedere, con largo anticipo, la dot.com bubble, quindi la crisi dei subprime, la bancarotta di Lehman Brothers e la tempesta finanziaria globale. Profetico o jettatorio? Decidete voi.

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