Forse mai come in questa occasione, Janet Yellen avrà ringraziato il calendario della Federal Reserve. Ieri, infatti, non era prevista la conferenza stampa che si tiene di solito alla fine delle riunioni del Fomc. La presidente della banca centrale Usa ha così evitato quella che sarebbe stata, prevedibilmente, la prima domanda dei cronisti. Questa: la crescita del Pil nel secondo trimestre del 4% avvicina il momento in cui verranno alzati i tassi? Posto che il programma di aiuti è in via di esaurimento (ieri la Fed ha tagliato altri 10 miliardi di dollari dal programma di quantitative easing, ridotto ora a 25 miliardi), il timing della futura stretta monetaria è non a caso in cima alle preoccupazioni dei mercati.
Il comunicato diffuso al termine del meeting utilizza sull'argomento una delle formule rassicuranti più abusate: i tassi resteranno bassi «per un periodo considerevole anche dopo la fine del QE». Ma la Yellen sa benissimo che deve muoversi con i piedi di piombo. E finora, a parte alcune dichiarazioni malintese proprio all'inizio del suo mandato, ha mantenuto sul tema un'appropriata vaghezza. «Il rialzo dei tassi arriverà quando sarà giusto», ha ribadito di recente. Del resto, proprio per avere le mani libere, è stata proprio l'ex allieva di Tobin a slegare i tassi dall'andamento della disoccupazione.
Il balzo dell'economia tra aprile e giugno, frutto di spese per i consumi salite del 2,5% (+1,2% dei primi tre mesi), di un aumento dell'export del 9,5% e delle importazioni dell'11,7%, è stato in ogni caso quantomeno sorprendente. Soprattutto alla luce del pessimo risultato del primo quarter 2014, quando il Pil era crollato del 2,9% per buona parte a causa dell'ondata di freddo polare che aveva colpito gli Stati Uniti. Quel dato aveva tuttavia messo in evidenza la profonda divergenza con la stima preliminare (+0,1%), e rinfocolato le polemiche sull'attendibilità delle statistiche. Anche se il presidente Barack Obama ha detto che «le decisioni che abbiamo preso per salvare l'economia stanno cominciando a ripagare», non si può quindi escludere che il +4% della prima lettura venga rivisto successivamente al ribasso.
Se però il dato venisse confermato, o soltanto limato, è probabile che i falchi all'interno del board della Fed torneranno alla carica per sollecitare un più rapido giro di vite al costo del denaro, inchiodato da anni tra lo zero e lo 0,25%. «La banca centrale - sottolineano gli esperti di Ig - potrebbe, però, far leva sulla debolezza del mercato immobiliare e sulla bassa crescita dei salari per cercare di stemperare i toni di una crescita così esplosiva».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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