Hiroto Saikawa mantiene la guida di Nissan e rilancia sull'indipendenza e autonomia del gruppo giapponese («il rapporto con Renault deve essere win-win e non loose-win»); Jean-Dominique Senard, presidente della Casa francese, afferma di aver lavorato sempre per il bene dell'Alleanza dopo essere subentrato a Carlos Ghosn. All'assemblea degli azionisti di Nissan, svoltasi ieri a Yokohama, i due top manager hanno dovuto affrontare una platea di azionisti piuttosto critica nei loro confronti.
A Senard, in particolare, è stato rimproverato di aver anteposto gli interessi di Renault (il progetto di fusione con Fca all'insaputa dei giapponesi) rispetto allo sviluppo dell'Alleanza. Saikawa ha, invece, dovuto dare assicurazioni agli oltre 2.800 azionisti sul business di Nissan dopo il recente rallentamento: utile netto ai minimi dal 2010.
E così, archiviato il problema della governance dell'Alleanza con la nomina dei nuovi consiglieri (7 su 11 sono indipendenti) insieme alla separazioni di tre delle funzioni più importanti, per dare un maggiore segnale di trasparenza decisionale, il mercato si chiede se il dialogo con Fca con Renault possa ora riprendere. Senard, in proposito, ha ricordato come «la fusione di Renault con il Lingotto sarebbe stato un grande progetto anche per Nissan e tutta l'Alleanza», rammaricandosi per l'opportunità svanita.
Nessun commento sull'esito della vivace assemblea giapponese lungo l'asse Torino-Auburn Hills. Fca, dunque, continua a seguire gli sviluppi dell'Alleanza franco-nipponica soprattutto in vista dell'incontro in programma oggi, in Giappone, tra il presidente Emmanuel Macron e il primo ministro Shinzo Abe. A loro spetta sciogliere il nodo sulle partecipazioni incrociate che, allo stato dei fatti, vedono premiare Renault anche nei diritti di voto.
Fca, come detto, tace, ma l'impressione è che il presidente John Elkann, che si è mosso in prima persona in tutta la fase di approccio con Renault e il successivo passo indietro, prima di acconsentire a un ritorno sui propri passi, voglia avere precise garanzie dai francesi, a partire dalle condizioni politiche. E sempre Elkann vorrebbe sentirsi dire da Parigi che il prospetto di fusione paritaria presentato non è da stravolgere. A rompere le uova nel paniere, oltre alle continue interferenze dell'Eliseo, le accuse francesi sul fatto che Fca avrebbe conferito a Renault una valutazione inferiore rispetto a quella reale.
In attesa di possibili eventi, Fca procede per la sua strada, cercando di rispettare i tempi imposti dal piano industriale al 2023 relativi ai lanci dei nuovi modelli. Con un occhio a eventuali opportunità extra Renault che dovessero presentarsi. Nel recente incontro con le istituzioni piemontesi, il capo dell'Europa, Pietro Gorlier, ha confermato il piano da 5 miliardi per gli stabilimenti italiani con il raggiungimento della piena occupazione nel 2022 e l'intenzione di andare avanti nello sviluppo della mobilità elettrica. Una cosa è, però, certa: Fca deve trovare un partner con il quale condividere gli investimenti sull'elettrificazione e la guida autonoma.
L'anno in corso non è facile per
Fca (e i dati di mercato lo confermano, soprattutto per Alfa Romeo) in quanto non sono previsti lanci di nuovi modelli: tutto è rimandato dal 2020 in avanti. E il ricorso alla cassa integrazione negli stabilimenti continua.
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