Patuano: «Per l'Argentina attendiamo l'ok dell'Authority»

Mentre Telco, la holding che controlla Telecom Italia, è in procinto di sciogliersi, con Generali che ieri nel cda ha già stabilito di uscire, il titolo dell'ex monopolista sfiora ormai quota 1 euro. Gli occhi, ora, sono puntati sul prossimo cda fissato per il 26 giugno. Forse, per quella data, i nuovi equilibri nell'azionariato della società saranno finalmente definiti e si potrà prendere qualche decisione importante come la vendita, peraltro già nell'aria, delle torri di trasmissione di Tim sia in Italia sia in Brasile.
Quanto all'Argentina, l'ad Marco Patuano ha ribadito che la vendita, annunciata a fine 2013, «sta andando avanti e manca solo l'autorizzazione della Secom, l'equivalente della nostra Agcom». L'autorizzazione mancante, però, è un problema per il semplice motivo che per avere il pagamento finale dei 960 milioni di dollari pattuiti per Telecom Argentina, da parte del compratore Fintech, serve anche il via libera dell'Authority. Quanto a Telco, la holding che governa Telecom con il 22,4% del capitale, verrà sciolta entro fine mese dato che la prima finestra utile per avviare la procedura è fissata tra il 15 e il 30 giugno. Formalmente, però, resta in vigore la scadenza al 28 febbraio 2015 del patto, poi gli azionisti entreranno in possesso direttamente delle azioni Telecom. Telco ha un debito pesante di 2,47 miliardi, tra finanziamento ponte e prestito soci. Se la scissione sarà pro quota, Telefonica avrà una partecipazione diretta in Telecom del 14,7% a fronte di un debito di 1,6 miliardi. Intesa e Mediobanca l'1,6% a testa con una parte di debito di 179 milioni, mentre a Generali andrà il 4,3% con un debito per 475 milioni.

Patuano ha comunque già sottolineato che «nel caso di break-up di Telco bisognerà darne comunicazione alle autorità brasiliane e argentine: è un percorso di notifica e quindi aspettiamo». Strettamente legato al riassetto e al «peso» di Telefonica in Telecom è, dunque, il «nodo Brasile» su cui tanto si è speculato. Ora la parola passa al cda.

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