Ancora un anno di "Quota 100", dopodiché il sistema per andare in pensione si fa incerto. Per adesso sappiamo che lo strumento, in vigore dal 29 gennaio 2019 (legge n. 26/2019) consentirà, ancora per tutto il 2021, la possibilità di smettere di lavorare a 62 anni di età con un minimo di 38 anni di contributi. Per il prossimo anno è ancora tutto da decidere.
Come funziona l'attuale sistema
Chi raggiungerà i requisiti entro il 31 dicembre di quest'anno avrà il diritto di lasciare il lavoro anche successivamente "congelando", così, il diritto alla pensione. Come riportato dal Corriere, affinché si raggiungano i termini richiesti dovrà essere valutata la contribuzione versata o accreditata fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia e disoccupazione. Possono usufruire di "Quota 100" tutti i lavoratori dipendenti e autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti), compresi gli iscritti alla Gestione separata Inps (ex co.co.co. e free-lance).
Diversa la situazione per il personale delle Forze armate, il personale delle forze di Polizia e della Polizia penitenziaria, il personale operativo del corpo nazionale dei Vigili del fuoco e il personale della Guardia di finanza: per tutte queste categorie, infatti, continueranno ad applicarsi i requisiti previdenziali più favorevoli previsti da una specifica normativa del 1997.
Divieto di cumulo
Per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, per la pensione "Quota 100" è stato ripristinato il divieto di cumulo tra reddito da lavoro (prodotto anche all’estero) e pensione fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia (67 anni): è soltanto il cumulo con redditi di lavoro autonomo di natura occasionale entro un massimo annuo di 5 mila euro lordi. La produzione di redditi derivanti da attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale, quindi quella che supera quel limite, comporta la sospensione dell’erogazione del trattamento pensionistico nell’anno di produzione dei redditi extra e l’eventuale recupero delle rate di pensione indebitamente corrisposte.
Cosa cambia adesso
Con la formazione di un nuovo governo sarà da capire come evolverà "Quota 100": la commissione europea ha più volte manifestato preoccupazione per una misura che va in direzione contraria al contenimento della spesa previdenziale, particolarmente alta in Italia, soprattutto in prospettiva, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. E poi, questo sistema è considerato un mezzo flop dal punto di vista dei numeri: dovevano usufruire della pensione anticipata ben 973 mila lavoratori nel triennio 2019-2021, ma nei primi due anni lo hanno fatto solo in 267.802. Questa misura, quindi, ha avuto meno successo del previsto forse perché molti lavoratori hanno visto che andando in pensione prima, quindi con meno contributi, ci avrebbero rimesso non poco rispetto all’importo della pensione piena a 67 anni.
L'ammortizzatore sociale
Quest’anno, però, la soluzione di "Quota 100" potrebbe funzionare perché, la crisi causata dalla pandemia, potrebbe agevolare il pensionamento di una parte di lavoratori che rischiano il posto di lavoro quando cesserà il blocco dei licenziamenti il 31 marzo prossimo. Ecco che "Quota 100" potrebbe fungere da ammortizzatore sociale. Una parte dei 21 miliardi stanziati nel triennio 2019-2022 verrà risparmiata: la Cgil calcola il risparmio in 7 miliardi, un terzo, e queste risorse potrebbero essere impegnate per finanziare misure alternative a partire dal primo gennaio 2022. Staremo a vedere.
"Quota 102"?
Nel Conte bis si parlava di "Quota 102" elevando a 64 anni l’età minima per accedere al prepensionamento con l’aggiunta di penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto al pensionamento di vecchiaia a 67 anni.
Adesso potebbe cambiare tutto: Draghi ha già detto che consulterà partiti e parti sociali e tutti concordano sul fatto che il 1° gennaio 2022 bisognerà trovare una soluzione intermedia tra "Quota 100" e i 67 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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