Economia

Le mani del Fisco sui risparmi: ecco come scattano i "prelievi"

L’oltre all’imposta di bollo ecco come il fisco entra sui risparmi degli italiani

Le mani del Fisco sui risparmi: ecco come scattano i "prelievi"

Gli italiani, si sa, sono da sempre dei buoni risparmiatori e questo, in molti casi, ha permesso all'economia del nostro Paese di continuare a funzionare nonostante periodi di stagnazione, stagflazione e, soprattutto, di recessione.

Probabilmente la capacità di sopravvivenza di molti contribuenti e attività produttive a questi mesi di blocco, dovuto al lockdown per contenere l'avanzata della pandemia di Covid-19, è dovuta proprio alla possibilità degli italiani di accedere a dei risparmi che con molta fatica, grazie al proprio lavoro e nonostante i livelli di tassazione così alti, si erano messi pian piano da parte.

Ma questo salvadanaio è sempre più a rischio, con i continui adempimenti fiscali che ogni contribuente è chiamato a fare a partire da quello previsto il 30 giugno, con il prelievo dell'imposta di bollo. Si tratta di una delle tasse meno amate dagli italiani, ma non per l'importo prelevato, ma perché tocca direttamente i risparmi e il diritto di "mettere da parte" dei soldi frutto della propria attività professionale. Questa sorta di "patrimoniale" incide direttamente sui conti correnti e postali, quindi su quegli strumenti bancari che sono necessari ad ognuno che svolga un lavoro (logicamente non a nero), a meno che non voglia mettere i soldi sotto al materasso, con buona pace del diritto al risparmio sancito dall'articolo 47 della costituzione: "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito".

Come ricordato da IlGiornale.it, l'imposta di bollo sarà di 34,20 euro per le persone fisiche con un saldo medio superiore alla soglia minima di esenzione (5mila euro sul conto o dichiarazione Isee inferiore a 7.500 euro) mentre sui conti corrente e postali delle persone giuridiche sarà di 100 euro l’anno, indipendentemente dal saldo medio annuale.

Ma non si tratta dell'unica imposta sui conti correnti. Difatti, l'imposta di bollo si paga anche: sugli interessi su conti correnti, libretti e depositi; sui titoli di Stato; sui bond societari; sui fondi di investimento.

Fondamentalmente, le tassazioni sono di sono di 2 tipi:

  • la quota sul frutto dell’investimento, cioè gli interessi dei titoli di stato o i dividendi per le azioni;
  • la quota di capital gain, cioè la plusvalenza sulla compravendita o sulla differenza tra il prezzo di emissione e il valore di rimborso dello stesso.

Andiamo per ordine. Per quanto riguarda gli interessi su conti correnti, libretti e depositi. Questi strumenti non sono più utilizzati dagli italiani per avere degli interessi attivi sui depositi, dati i tassi bassissimi o inesistenti, ma per "parcheggiare" la propria liquidità per fare fronte, quando necessario, alle spese quotidiane. La tassazione su questi strumenti finanziari è pari al 26%.

Conti alle mani possono sembrare cifre non elevatissime (anche se sempre di risparmi si tratta), ma il punto di vista cambia notevolmente se si analizza il fatto che, negli ultimi anni, i tassi di rendimento dei conti corrente sono praticamente stati azzerati e gli unici decimali per cui si possono avere dei piccoli introiti è quello di mettere dei soldi su un conto deposito, ma alla fine il costo dell'imposta di bollo sul conto corrente in rapporto ai possibili interessi maturali si equipara, o addirittura vede una lieve passività per il risparmiatore. Questo avviene perché, sempre sui conti corrente, c'è una ritenuta fiscale sugli interessi attivi maturati che è pari al 26% a cui si cumulano, logicamente, i vari costi di mantenimento dei conti correnti che, secondo i dati di BankItalia del 2019 per il 2018, si aggirano in media sugli 86,9 euro.

Per quanto riguarda i Titoli di Stato, invece, i Bot, Cct E Ctz sono tassati al 12,5%. Per i BOT e i CTZ, che non hanno cedole di interessi, il 12,5% si conteggia sulla differenza tra acquisto e vendita. Per quanto riguarda le obbligazioni societarie l’imposta, la cui tassazione è passata dal 20% del luglio 2014 al 26%. Si tratta delle obbligazioni italiane ed estere emesse sia da gruppi quotati che da quelli non quotati.

Stessa sorte per i Fondi comuni di investimento, cioè quegli strumenti gestiti da società di gestione del risparmio che investono il patrimonio raccolto tra i risparmiatori in attività finanziarie diversificate.

Salvo che per l'imposta di bollo classica, il cui prelevamento avviene direttamente alla fonte (cioè i soldi vengono presi dai conti corrente), per le altre tipologia di strumenti finanziari il risparmiatore può decidere se pagare in modo dichiarativo o amministrativo. Nel primo caso il contribuente dovrà riportare le plusvalenze e i proventi in fase di dichiarazione dei redditi. Nel secondo caso, invece, fa tutto la banca che applicherà di default l'importo corretto dovuto allo Stato.

Quindi, oltre ai 34,20 euro o 100 euro dell'imposta di bollo classica, sulle altre tipologie di strumenti finanziarie legate ai conti correnti la tassazione sugli interessi è la seguente:

  • titoli di Stato, Obbligazioni delle amministrazioni locali, Bond di Stato esteri o degli organismi internazionali: 12,5%;
  • azioni, conti correnti, libretti bancari, depositi bancari, bond societari, depositi, fondi comuni di investimento: 26%.

Molti Stati europei, in controtendenza, all'imposta di Bollo stanno sostituendo il cosiddetto tasso negativo sulla liquidità. In Germania in Svizzera si applica sui depositi oltre i 100mila euro. In questo caso lo Stato restituirebbe gli interessi prelevati o consentirebbe di portarli in detrazione sul 730 come già avviene per gli interessi passivi sui mutui.

Ricordiamo, inoltre, l’esistenza di un controllo sui conti correnti: il Risparmiometro.

Questo strumento del Fisco, attraverso l’Agenzia delle entrate, si affianca al Redditometro, che si occupa di controllare le spese incompatibili con il proprio stipendio.

Il controllo parte dalla dichiara zio del reddito; se qualcuno dichiara un tot ma poi possiede sul conto corrente, dei risparmi superiori a quanto guadagnato parte l’analisi per capire se quegli introiti sono frutto di evasione.

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