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Pirelli apre il caso politico Italia-Cina

Ieri le audizioni dei manager sul golden power. Tronchetti: "Fermate Pechino"

Pirelli apre il caso politico Italia-Cina

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Marco Tronchetti Provera, azionista e numero uno operativo della Pirelli, ha chiesto al governo italiano di agire per impedire al gruppo cinese Sinochem la presa del controllo sulla società italiana. È questa l'estrema sintesi, riportata dall'agenzia Mf-Dow Jones, delle richieste avanzate da Camfin nell'audizione di ieri di fonte alla Commissione governativa sul «golden power». Per Camfin (che detiene il 14% della Pirelli) il gruppo cinese a controllo statale Sinochem (primo socio con il 37%), è pericoloso mette a rischio l'indipendenza della società. Nell'audizione di ieri sono stati sentiti manager della Pirelli guidati dal direttore generale per le operation Andrea Casaluci e, per Camfin, lo stesso Tronchetti assistito dal giurista Andrea Zoppini e dallo studio Chiomenti. Un'audizione con gli esponenti di Sinochem si è già svolta nei giorni scorsi, mentre ne è prevista un'altra con terze parti tecniche. La Commissione è composta da tecnici di tutti i ministeri interessati (Mef, Mimit, Esteri oltre che presidenza Consiglio) e dovrà esaminare se e in che modo applicare il golden power - cioè il potere in capo al governo italiano di imporre vincoli e obblighi a soci stranieri nel capitale di società italiane - al gruppo Sinochem relativamente alla Pirelli. La decisione ultima sarà presa dal Consiglio dei ministri.

Il caso è emerso dopo che, lo scorso anno Sinochem (tramite Marco Polo Int.) e Camfin hanno rinnovato il patto di sindacato che governa la società e che entrerà in vigore con la prossima assemblea della Pirelli (fissata ieri entro il 31 luglio). Un rinnovo che rientra nelle notifiche da effettuare ai fini del golden power. Nel nuovo patto, peraltro firmato un anno fa, Sinochem avrà più poteri nel nominare il ceo. E secondo Camfin l'atteggiamento dei cinesi (soci dal 2015 e dunque al terzo rinnovo degli accordi parasociali) è ora cambiato e minaccia non solo la governance, ma anche la sicurezza della società.

In proposito, dalle carte depositate e consultate dal Messaggero, è emerso che il socio cinese è impegnato ad adottare le linee guida indicate dal premier e segretario del Partito comunista Xi Jinping al 20° Congresso per aumentare il livello di controllo politico e la composizione dei quadri dirigenziali nelle partecipate. Sarebbe inoltre emersa l'intenzione di integrare i sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con i sistemi di Sinochem per consentire la condivisione simultanea delle informazioni. Un'ipotesi che mette a rischio tecnologia italiana avanzata.

Per il governo Meloni la questione è soprattutto geopolitica. Pirelli è diventato una sorta di caso pilota per i futuri rapporti tra Italia e Cina, a cominciare dalla decisione da prendere entro fine anno sulla sorte della «Via della Seta». La strada sembra quella tracciata dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, che ritiene strategici i rapporti commerciali e anche industriali con la Cina. In questa chiave una decisione radicale sul caso Pirelli, quale la sterilizzazione della quota o l'obbligo di cessione, appaiono difficilmente compatibili. Più ragionevole è immaginare un intervento a livello di governance, almeno nel breve periodo. Ben ponderando, in ogni caso, anche le conseguenze sul mercato per la stessa Pirelli.

L'ultima parola spetterà alla Meloni. Che da ieri, comunque vadano le cose, ha trovato un dossier in più sul suo tavolo.

Il caso Italia-Cina è aperto.

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