Crisi governative, Brexit incombente, guerre commerciali e alcune delle principali economie mondiali, come la Germania, che ballano sull'orlo della recessione. Proprio ieri Berlino ha diffuso i dati relativi al Pil del secondo trimestre, in calo dello 0,1% a causa della frenata (-1,3%) delle esportazioni, mentre la fiducia delle aziende è scivolata da 95,8 a 94,3, sui minimi dall'agosto del 2012. Per la prima economia europea, se il trend come da attese, fosse confermato anche nel trimestre in corso, sarebbe la prima recessione dal 2013.
È questo lo scenario di riferimento per cui sono sempre più numerosi gli investitori che prendono il largo dalle piazze finanziarie, soprattutto quelle europee, prediligendo asset rifugio come l'oro in attesa che incertezza e volatilità si diradino.
A ridurre l'esplosione ai mercati finanziari europei, potrebbe essere, quanto prima, anche Norges Bank che sovraintende agli investimenti del Government Pension Fund Global, il fondo sovrano norvegese con oltre mille miliardi di dollari in gestione e partecipazioni in più di 8mila società (tra cui Pirelli, Leonardo e Unicredit). Ieri Norges Bank ha pubblicato nuove raccomandazioni che, se ratificate dal ministro delle finanze norvegese entro la prossima primavera, potrebbero spostare miliardi di dollari al di fuori delle Borse europee. «Dovremmo investire di più nei Paesi con cui abbiamo meno rapporti commerciali e da cui dipendiamo meno a livello di fatturato» ha sostenuto Kjetil Storesletten, economista e membro del cda di Norges Bank sottolineando come la stessa logica di diversificazione sia legata alla recente decisione di slegare gli investimenti del fondo, derivanti dall'industria petrolifera, dalle partecipazioni in società collegate all'oro nero. In particolare, Norges Bank si raccomanda di adeguare gli investimenti ai pesi dei mercati, sovrappesando i titoli del Nord America e riducendo il peso nei mercati europei sviluppati. Già oggi il fondo ha un'esposizione sui mercati del Nord America pari al 41% (dal 35% del 2012), mentre i mercati europei hanno un peso pari al 34% (dal 38% di sette anni fa), ma se il nuovo indirizzo fosse avvallato, potrebbero essere cento i miliardi pronti, secondo le stime degli esperti, ad attraversare l'Oceano per dirigersi verso Wall Street, a scapito soprattutto dei titoli inglesi (il cui peso, oggi pari al 9%, potrebbe essere dimezzato).
Ma se Norges Bank è pronta a fare rotta su Wall Street, c'è chi come Ubs Wealth Management, che con i suoi 2500 miliardi è il fondo più grande al mondo, ha suggerito ai propri clienti di prendere le distanze in generale dai mercati azionari in seguito alla nuova escalation nella guerra dei dazi tra Pechino e Washington. È la prima volta dal 2012 che la banca d'affari svizzera suggerisce una simile strategia. A giudizio di Mark Haefele, a capo degli investimenti di Ubs, i rischi di ribasso stanno aumentando sia per quanto riguarda l'economia globale sia nei singoli mercato. E non si tratta di una posizione isolata.
Secondo i dati di TrimTbs Investment Reseach, gli investitori insider, ovvero i manager dei grandi gruppi Usa, hanno venduto una media di 600 milioni di dollari di azioni al giorno per tutto il mese tra i dubbi sulla crescita e sulla sostenibilità del più lungo mercato toro della storia americana. Non solo. Agosto è stato il quinto mese in cui gli insider hanno venduto titoli per oltre 10 miliardi: l'ultima volta che accadde un fatto simile fu tra il 2006 e il 2007, alla vigilia proprio della crisi.
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