Quagliano (Csp): «Governo distratto perché l'Italia non è più un grande produttore»

Nel 2014 ci sarà una leggera boccata d'ossigeno per il mercato italiano dell'auto: le vendite, infatti, sono stimate a 1,33 milioni di unità (+2,7%), rispetto al crollo a 1,295 milioni previsto per quest'anno, in pratica quasi il 50% in meno rispetto al 2007 e il riposizionamento del mercato sugli standard della metà degli anni Settanta. Sono 6 anni, comunque, che a dominare è il segno negativo. Incremento, però, non significa vera crescita oppure uscita dal tunnel in cui il settore è entrato ormai da alcuni anni. E così, secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, che come da tradizione ha fatto il punto di fine anno sulle immatricolazioni in Italia, «per l'auto c'è da aspettarsi, visto il livello infimo del 2013, un altro anno di passione, e lo stesso vale per l'economia del Paese», anche se «le condizioni per un arresto della caduta delle vendite sembrano essersi create, senza però poter ancora parlare di una ripresa degna di questo nome». Le condizioni pre-crisi (nel 2007 le vendite, seppur gonfiate, si erano attestate a 2,5 milioni di unità, per poi scendere gradualmente sotto il limite considerato fisiologico tra 1,8 e 2 milioni) restano lontane e il rischio è quello di diventare, ammonisce Quagliano, «un Paese di serie B e avere un mercato dell'auto di serie C». Per voltare pagina, a questo punto, «occorre che si superi l'impasse politica e che il Paese possa contare su un governo in grado, non solo di utilizzare per lo sviluppo tutti gli spazi consentiti dalle norme della zona euro, ma anche di porre ai partner dell'Eurozona l'esigenza di rivedere i trattati per poter adottare una politica economica che non sia più antitetica rispetto a quelle che, con risultati importanti in termini di crescita, stanno adottando le altre economie avanzate». È comunque vero che il settore automobilistico da alcuni anni non viene più considerato come un traino dell'economia nazionale, con il risultato che le istituzioni sembrano aver deciso di abbandonarlo al proprio destino.
Quagliano, a questo proposito, ha fatto notare come l'Italia, tra i «big» dell'Europa, occupi il posto di fanalino di coda in tema di produzione automobilistica. E a fronte di una Germania che ha sfornato, nel 2012, oltre 5,38 milioni di veicoli (175 vetture prodotte su 100 immatricolate), l'Italia si è fermata, nello stesso anno, poco sotto 400mila unità (28 auto prodotte su 100 immatricolate). Peggio - per modo di dire - del nostro Paese ha fatto il Regno Unito: 1,46 milioni di veicoli prodotti di cui 72 ogni 100 immatricolati. Ma sia il Regno Unito sia la Spagna (220 prodotte su 100 vendute) sono Paesi, rispetto al nostro, che ospitano fabbriche di numerosi produttori esteri oltre a quelle dei marchi nazionali.

La crisi dell'auto in Italia, dunque, oltre ai problemi noti (caro carburanti e polizze, difficoltà di accesso al credito, tassazione eccessiva, demonizzazione e criminalizzazione del settore) è da collegare anche al fatto che, da molti anni, non siamo più un grande produttore di veicoli. Problemi, questi, che la Consulta dell'automotive voluta dal ministro Flavio Zanonato - ieri al secondo incontro - sta cercando risolvere.

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