È nata da una telefonata di Sergio Marchionne al premier Mario Monti la decisione di voler scommettere per la seconda volta sull'Italia e di svelare subito il piano prodotti e gli impianti dove saranno realizzati nei prossimi tre anni.
A Monti (Marchionne non ha mai nascosto l'apprezzamento per il suo lavoro) l'ad di Fiat-Chrysler ha riconosciuto il momento delicatissimo che il Paese sta attraversando. Una situazione, secondo il top manager, che impone scelte capaci di rilanciare l'economia e l'occupazione. I casi sono due: o Marchionne, rientrando dal viaggio in Cina, si è fatto un profondo esame di coscienza, decidendo di chiudere con l'estenuante tira e molla (investo? non investo?), che ha incattivito il clima intorno a lui; oppure, sono state le pressioni del governo, in cerca di consensi dopo aver messo in ginocchio gli italiani con le tasse, ad averlo convinto a non giocare più a poker con il futuro produttivo in Italia e a scoprire subito le carte. Chi, tra i sindacalisti, ha partecipato al vertice di ieri sera ha fatto notare un particolare non di poco conto: nel lungo incontro il top manager non ha mai fatto cenno a Cgil e Fiom, con i quali è in guerra da anni, prendendosela solamente con Stefano Fassina, responsabile economico del Partito democratico, il quale ha continuato a punzecchiare il capo della Fiat per tutta la giornata. «Quello - avrebbe detto Marchionne - continua a farci le pulci, ma no sa neanche montare uno pneumatico». E qui, il manager con il pullover, non ha saputo mordersi la lingua. Sta di fatto che, all'improvviso, il Lingotto ha rispolverato un vecchio progetto, quello di realizzare il cosiddetto polo del lusso, con i suoi due marchi storici Maserati e Alfa Romeo. Un piano più volte annunciato dalle precedenti gestioni, ma mai portato a termine.
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