Economia

"Con il risparmio delle famiglie ripartono le imprese italiane"

Per l'ad di Banca Generali «il sistema bancario non basta più: nei prossimi tre anni il Paese si gioca questa partita»

"Con il risparmio delle famiglie ripartono le imprese italiane"

Il grande tema dell'economia italiana, di nuovo vicina alla recessione, è quello delle imprese. «Si è capito che serve affiancare una modalità diversa da quella tradizionale bancaria per consentire alle imprese pieno accesso al mercato dei capitali. E il risparmio privato può rappresentare una risorsa chiave per l'economia». Il punto lo mette bene a fuoco Gian Maria Mossa, ad di Banca Generali, la banca private del gruppo triestino che, attraverso attività di consulenza, gestione e distribuzione, sta proprio al centro di questo terreno strategico: quello dove arriva il risparmio delle famiglie e si trasforma in risorse per le imprese.

L'economia ristagna. Che ruolo propulsivo può svolgere il risparmio gestito?

«Un ruolo decisivo: nei prossimi tre anni in Italia ci giochiamo questa partita. E personalmente sono molto ottimista».

Cosa la fa essere ottimista?

«Premesso che l'Italia ha un grande tessuto industriale e capacità imprenditoriale, da qualche tempo vedo crescenti iniziative per investire sull'innovazione e fornire capitali freschi alle imprese. Il sistema finanziario tradizionale dimostra di non riuscire più a svolgere così bene il suo compito di motore dell'economia reale; servono dunque nuovi strumenti che avvicinino la domanda all'offerta. C'è un folto gruppo di imprenditori, esperti di mercati e ricercatori universitari, che lo ha capito e che in taluni casi, dopo aver fatto esperienze all'estero, ha ora voglia di aiutare il Paese ad essere più innovativo. Dal nostro osservatorio raccogliamo notevole interesse verso il sistema delle imprese da tanti investitori e la crescente interazione tra istituzioni, università e sensibilità politiche, è un primo passo in avanti. Il sistema è complesso viste le rigidità strutturali e serve il contributo di tutti».

La risposta alle esigenze delle piccole imprese non può essere quella dei Pir?

«I Pir sono stati una buona idea e di sicuro hanno creato i presupposti per aumentare le quotazioni in Borsa e aprire il capitale delle imprese. Ma poi le risorse si limitano alle società quotate. Quindi diciamo che i Pir hanno avvicinato le pmi al capitale di rischio, ma dei 23 miliardi raccolti finora ben poco è realmente andato alle pmi perché il sistema non è strutturato per investire in titoli illiquidi. E poi c'è un tema fiscale».

Già, i Pir prevedono l'esenzione dalle imposte dopo 5 anni. Un'idea per stimolare la raccolta.

«Giusto, ma l'agevolazione fiscale rischia di creare un'aspettativa che viene rimandata ad una variabile futura, dipendente dai mercati e dalla congiuntura. Mi spiego: con i Pir lo Stato garantisce l'esenzione sulle plusvalenze che è sicuramente uno stimolo interessante, ma potrebbe esserlo ancor di più cercare di garantire i risparmiatori anche di fronte al rischio di una perdita. La detrazione delle minusvalenze avrebbe un forte impatto e introdurrebbe un concetto di protezione positivo per la pianificazione a lungo termine».

Sta parlando di eliminare il rischio per l'investitore, accollandolo allo Stato?

«Sto dicendo che se il beneficio fiscale, che è comunque un contributo pubblico per stimolare un prodotto, è legato al guadagno, quando i mercati diventano volatili l'effetto non si manifesta. Meglio allora pensare di renderlo anticiclico consentendo la detrazione fiscale delle eventuali perdite così da rafforzare la fiducia negli investimenti».

Un nuovo prodotto quindi.

«È da studiare. Serve uno strumento che da una parte permetta di investire anche in titoli non quotati, dunque illiquidi; dall'altra riduca la ciclicità e i rischi per il risparmiatore. Così il sistema ripartirebbe con piena fiducia dagli investitori. Un primo passo, cercando di coinvolgere il capitale privato, è stato abbozzato nella riforma. Ma per raggiungere davvero le imprese serve una struttura ben regolata di tali strumenti, incentivi pubblici per stimolare il risparmio, e il supporto di professionisti come i consulenti in grado di spiegarne le caratteristiche alle famiglie valutando il profilo di rischio.

Come si fa a partire?

«Io credo che chi fa il mio mestiere nella gestione del risparmio deve farsi parte attiva. Le nostre Assogestioni e Assoreti possono essere un punto di riferimento istituzionale. Nel nostro piccolo, come Banca Generali stiamo avviando per primi un percorso di questo tipo avvicinando i capitali di clientela qualificata a investimenti che coinvolgono finanziamenti a imprese italiane non quotate. Il tutto tramite una piattaforma specializzata come quella di Credimi e la collaborazione della struttura di Elite di Borsa Italiana».

Siete stati una delle poche aziende che nell'ultima parte dell'anno, con segnali negativi ovunque, avete comprato due società. Non la spaventano i mercati?

«Ci sono realtà di grande talento nel Paese e abbiamo voluto investirvi guardando alle competenze di un gruppo di ottimi gestori (Nextam Partners) che possono aiutarci a stare vicino alle famiglie diversificando al meglio i loro risparmi. Il secondo passo riguarda l'espansione internazionale, ma sempre con la base nel nostro Paese, poiché crediamo che il nostro modello di business orientato alla qualità e con soluzioni distintive possa funzionare bene anche in aree come la Svizzera, che gestiscono molto risparmio privato, anche di tanti nostri connazionali.

Per quanto riguarda i mercati, premesso che è sempre difficile trovare il timing perfetto per cogliere i movimenti dei listini, il messaggio che diamo da diverse settimane è che quando c'è grande volatilità, ma i fondamentali economici sono solidi, è il momento di riaffacciarsi sul mercato».

Commenti