Marcello Zacchè
Ancora deserta l'assemblea di Finint. Per la seconda volta in pochi giorni i due soci paritetici della finanziaria che controlla la Save, Andrea De Vido ed Enrico Marchi, non hanno trovato un accordo e dunque l'assemblea, che deve nominare il cda, non si è svolta. Finint resta così in «stallo» tecnico, essendo il suo consiglio decaduto qualche settimana fa in seguito alle dimissioni di De Vido: lo stallo deriva dallo statuto che, in caso di dimissioni anche di un solo socio, prevede la decadenza e il passaggio alla gestione ordinaria ad interim al collegio sindacale.
La questione è delicata perché De Vido ha la necessità di fare cassa per far fronte a debiti personali nell'ordine dei 100 milioni, in gran parte finiti tra i crediti deteriorati di Veneto Banca, la quale sarebbe ormai nelle condizioni di escutere le garanzie, tra cui il 26% circa della stessa Finint. L'unico asset importante e liquidabile è Save, la concessionaria degli aeroporti veneti controllata al 60% da Finint e quotata in Borsa. Ma è su questo che i progetti di Marchi e De Vido divergono. Oltre a essere molto complicati, perché visto l'attuale assetto azionario a catena, ogni minima variazione a monte della società - per liquidare in tutto o in parte De Vido - potrebbe far scattare un'Opa obbligatoria su Save.
Attenti all'evoluzione ci sono anche le banche creditrici di Finint, una decina, guidate da Unicredit e Intesa, impegnate da qualche settimana anche nel ruolo di advisor, insieme a un indipendente, Borghesi Associati. Nel frattempo lo stallo ai vertici di un gruppo quotato che capitalizza un miliardo ha interessato anche Consob, che ha acceso un faro sull'evolversi della situazione.
Marchi e De Vido continuano comunque a parlarsi, alla ricerca di un percorso che conduca a un accordo, rinviando l'assemblea di settimana in settimana. Ma l'impressione è che il tempo, per le banche, cominci a stringere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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