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"Serve una rete pubblica, ma non unica"

Il ministro Urso: "Preoccupati dei ritardi di Open Fiber. Ok agli esteri, ma in minoranza"

"Serve una rete pubblica, ma non unica"

Una rete «di Stato» in tutta la penisola che blindi i collegamenti internazionali. In audizione alla Commissione Trasporti della Camera, il ministro per le Imprese e il Made in Italy (Mimit) Adolfo Urso parla del dossier Tim e, nel bel mezzo del riassetto in atto, ridimensiona le mire dei pretendenti stranieri: Kkr e Macquarie, in particolare, dopo le fughe in avanti degli ultimi giorni.

Non solo. Il ministro apre ufficialmente la questione Open Fiber con un duro attacco al gruppo che nel 2021 è stato ceduto da Enel a Cdp (60%) e Macquarie (40%) per 2,2 miliardi, con una plusvalenza di 1,7 miliardi.

«Il governo ha detto Urso - è preoccupato dai gravi ritardi di Open Fiber nelle aree bianche (aree in cui nessun operatore privato investe, ndr). L'originale piano prevedeva la chiusura dei lavori delle tre gare tra giugno 2020 ed aprile 2022. Tra il 2019 e il 2022 quindi Open Fiber ha presentato 4 diversi piani di avanzamento e l'ultimo prevede il completamento di 12 regioni entro il 2023 e le rimanenti entro il 2024. Tutto ciò a causa di una iniziale sottovalutazione del tema dei permessi e di errate politiche industriali nella quantificazione delle offerte e nell'avvio dei lavori e anche per responsabilità politiche». Una stoccata che, in un modo o nell'altro, arriva fino a Enel e sfiora nuovamente l'operato dell'ad Francesco Starace finito nel mirino del nuovo governo a tre mesi dalla scadenza del suo terzo mandato alla guida del gruppo energetico.

Tornando ai progetti sulla rete, l'idea di una rete di tlc nazionale e a controllo statale «non è una mossa contro lo straniero, ma è una strategia per chiudere il gap digitale e ricucire con la fibra l'Italia», ha aggiunto il ministro che condivide il dossier con la presidenza del Consiglio e con il Mef. «Abbiamo piena coscienza di lavorare insieme per il bene comune», ha detto Urso che ha messo allo stesso tavolo Cdp e Vivendi con i loro advisor e si appresta a convocare l'ad Pietro Labriola, convinto che «avrà riflessi positivi».

In attesa che riparta il tavolo tecnico con Tim e i suoi soci, a breve Urso convocherà le parti sociali e gli enti locali per discutere più in generale dei problemi del settore, in un mercato che con la guerra dei prezzi in un decennio ha perso il 33% del suo valore. «Nel corso dell'ultimo mese ci sono state proficue riunioni con tutti gli attori coinvolti, ministeri, dipartimenti, attori istituzionali e di mercato per avere una fotografia chiara della situazione, cosa che prima non c'era, e decidere quali strumenti mettere in campo». Tra le misure a sostegno delle tlc c'è in discussione il taglio dell'Iva, quello che Mimit e Mef devono trovare sono però le risorse per coprire una manovra che costerebbe tra 553 e 784 milioni. «Stiamo verificando insieme al ministero dell'Economia e valutando il passaggio dal 22 al 10 per cento dell'Iva».

Una volta definito il dossier che riguarda la rete l'obiettivo del governo è quello di diffondere in modo capillare la fibra ottica «che è l'unico vero abilitatore per la diffusione di nuovi servizi usufruiti su rete fissa e su rete mobile che deve rispondere a criteri di altissima qualità. Per questo, stiamo provvedendo con delle misure ad hoc, per rilanciare le imprese del settore nazionale.

Lo faremo a breve con una norma legislativa per aiutare la produzione nazionale, così come hanno fatto altri competitor internazionali, non solo gli Usa ma anche Paesi a noi molto vicini, a cominciare dalla Francia».

Dopo le parole del ministro ieri il titolo Tim ha chiuso in Borsa sulla soglia dei 25 centesimi, in calo dell'1 percento.

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