L'unico fatto certo è che ieri il Tesoro si è finanziato a condizioni assai favorevoli, piazzando 8,5 miliardi di Bot a sei mesi a un tasso dello 0,455%. Minimo storico, massimo gaudio. Bene così. Soprattutto per Maria Cannata, la custode del nostro debito pubblico. Più complicato, invece, ipotizzare che la caduta dei rendimenti sia la miglior risposta alle recenti polemiche sul ventilato inasprimento della tassazione sui Buoni. Una vicenda gestita in modo piuttosto pasticciato e sulla quale l'unico eventualmente titolato a intervenire, cioè il neo ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha finora preferito mantenersi fuori dalla mischia. Allo stesso modo, appare azzardato sostenere che l'esito dell'ultima asta sia una promozione del governo Renzi. Trattasi, infatti, di bond semestrali, quelli che finiscono perlopiù nei portafogli dei piccoli risparmiatori, mentre è sulle scadenze più lunghe che si fa sentire la mano degli investitori istituzionali. Sotto questo profilo, sarà quindi più probante il test di oggi, quando via XX Settembre emetterà Btp decennali per 4 miliardi e Btp quinquennali per 3 miliardi, oltre a Ccteu per 2 miliardi. L'andamento dello spread Btp-Bund fa comunque ben sperare: ieri il differenziale è calato a 192 punti e il rendimento è sceso al 3,54%, determinando un nuovo sorpasso sui Bonos spagnoli, che hanno visto il differenziale risalire a quota 197 con un tasso del 3,59%.
Nel crollo dei rendimenti dei semestrali ai minimi dall'introduzione dell'euro c'è, peraltro, anche un rovescio della medaglia. Se si osserva quello che gli addetti ai lavori chiamano il bid to cover, ovvero il termometro che misura quanto è alta la «febbre» della domanda, si scopre che il rapporto è sceso a quota 1,44 dal precedente 1,52. È il probabile segnale che i rendimenti sono ormai talmente stressati da non rendere molto appetibile l'offerta. Proprio per questa stessa ragione la Germania ha ieri subìto la seconda umiliazione nel giro di una settimana: il collocamento di Bund trentennali si è infatti chiuso con richieste inferiori all'obiettivo di 3 miliardi di euro. Un'altra asta «tecnicamente scoperta» dopo quella dei decennali, un nuovo flop provocato da tassi di rendimento al 2,5%, considerati troppo bassi ora che la tempesta sui mercati finanziari si è placata facendo perdere ai titoli tedeschi l'appeal da bene-rifugio. Nel caso dei Bot a sei mesi, comunque, il rendimento reale, calcolato sottraendo il prelievo attuale del 12,5% e le commissioni bancarie, è ben al di sotto del livello di un'inflazione fredda (0,7%) e in odore di deflazione. L'investimento ha quindi ancor più le caratteristiche di un parcheggio di liquidità, in attesa di trovare un porto migliore per le proprie risorse finanziarie.
L'allocazione ottimale dei risparmi potrebbe, peraltro, essere un problema anche per i due italiani su tre, top dal 2008, alle prese con il rinnovo del contratto.
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